lunedì 19 giugno 2017

Nannerth Ganol #2




C’erano amici per strada e in macchina, da qualche parte, perduti in un sogno e le antiche paure come pensieri e dialoghi che prendevano forma nella sala buia del teatro mentale e qualcuno che sussurrava silenzio mentre gli alberi e il cielo e le nuvole, intorno, erano manifestazioni concrete di una quiete assoluta. Le passeggiate lungo i fianchi erbosi di una collina per arrivare sulla sua cima e guardare le altre vallate e il respiro del fianco di una montagna, allargarsi e restringersi in una nuova prospettiva ed ennesime stanze e letti e momenti di tristezza come se non fosse bastata la mia adolescenza a farmi fissare i soffitti in attesa che qualcosa accadesse. Ci ritrovavamo in ruoli diversi, nelle maschere inventate di esistenze immaginarie, recitavamo su quei palcoscenici che cambiavano di giorno in giorno e c’era ancora sofferenza, nel cuore, quando le parti non coincidevano ed era impossibile ricostruire un’unità di tempo, spazio e luogo. Erano sempre e comunque i frammenti e le schegge a ferirci, le parole non dette e quelle espresse nel tono sbagliato, le prove erano fallite e con esse la loro protezione di gesti e posizioni ripetuti all’infinito. Rimaneva solo l’improvvisazione, attimo dopo attimo, un istante e quello successivo, fino a quando tutto non fosse diventato così fluido da sembrare vero, solo allora saremmo stati in grado di credere a questa finzione e di mostrarla agli altri. Ci sarebbero stati applausi e fischi, i battiti osceni del cuore prima che le luci si spegnessero e il tuo corpo che avevo abbracciato per sconfiggere l’ansia e il timore di fallire. Ci voleva coraggio ad andare avanti, ce ne voleva tanto, ci avrebbero pensato gli anni a scavarti il viso e la fatica e l’angoscia a renderti più umano. Una voce nella testa, la tua voce, per essere fiero di quello che eri sempre stato, avevi scagliato sassi e macigni contro le ingiustizie di questa terra, perché le sentivi bruciare dentro di te, non si poteva rimanere muti in eterno, era una lotta che nessuno aveva il diritto di abbandonare. La pace che cercavi era rinchiusa in un semplice respiro, la gioia di lasciare aperta quella porta, perché gli altri vedessero quanto luminosa fosse la tua purezza.

Nessun commento:

Posta un commento

freewheelin' #82

  Le notti diventavano più brevi e il sonno si popolava di sogni e fra le loro storie c’eri anche tu, il tuo volto e il tuo corpo ma non i t...