giovedì 14 maggio 2020

Cigarrones #4

Paul fumava il suo hash nepalese, seduto su una sedia mezza sfondata, godendosi le ultime illusioni del giorno, in lontananza qualcuno volteggiava lento sui propri paradisi artificiali e un bambino rideva e giocava fra i resti di porte sfondate e sporcizia, lattine di birra vuote e rimasugli liquidi di alcolici non bevuti - avevo trovato il tempo per lavarmi nel fiume, per lasciare le mie ossessioni fluire lontane, una massa oscura che ancora mi pesava sul cuore, ogni tanto, sarei mai riuscito a liberarmene una volta per tutte? I rituali di masturbazione si ripetevano sempre uguali a se stessi e le mie mani non erano altro che quelle di un manichino di carne meccanica eppure continuavo a eseguire quei gesti codificati come un automa purpureo, senza neanche averne più voglia - i desideri erotici erano figure ghignanti in abiti neri e sorrisi di scintille carnivore - tenetevi il vostro oro, gridava un mercante di una città araba svanita nel deserto, tenetevi i vostri re  e i vostri dei, i templi, le colonne e le rovine di tutto quello che avete osato costruire e che sarà destinato ad andare distrutto, civiltà scomparse, intere città svuotate in un istante, a cosa abbiamo ceduto? Di che cosa abbiamo avuto una così tremenda paura? 
Le montagne, le nuvole, il cielo, l’acqua, l’aria e le rocce non sembravano interessati a trovare risposte, bastava la musica blues che usciva fuori da vecchie casse a creare una rete di intuizioni sufficienti a tenere la mente impegnata - mi accarezzavo il cuore con i respiri, durante la notte, fino a quando non c’erano più spigoli e parti aguzze a ferirlo, tutti i risentimenti, gli egoismi, gli impulsi a fare male venivano levigati e appiattiti e in quella materia così umana, calda e pulsante, davo nomi a ciò che non volevo rimanesse dentro di me e lo lasciavo allontanarsi e sparire e così nel vuoto delle emozioni rimaneva solo una gratitudine incondizionata per il semplice fatto di essere vivo, per aver creato un ordine e aver trovato un equilibrio nella danza del caos e delle preoccupazioni, in quella dei sentimenti e delle incomprensioni e non sapevo se quel mistero che si allargava e restringeva nel petto fosse un canto di vita o di morte, perché non potevamo donare nulla di noi senza regalare qualcosa al giorno in cui non saremmo stati più qui, in questa terra di meraviglie dimenticate.

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