lunedì 25 maggio 2020

freewheelin' #51

Ero con Marco in una delle stanze della casa di mia madre, quella in cui eravamo stati ragazzi insieme e avevo in mano una delle caramelle imbevute di acido che mi aveva dato Uncle Eddie, l’ho tagliata a metà, una l’ho data a Marco e l’altra l’ho tenuta per me - le abbiamo messe in bocca e poi abbiamo aspettato e durante l’attesa ho spiegato a Marco come l’acido funzionava, poi siamo rimasti in silenzio e in un momento imprecisato nel tempo qualcosa sul volto del mio amico ha iniziato a brillare, come se ci fossero delle piccole gemme agli angoli della sua bocca e poi sul resto del suo viso e allora fuori dalla finestra della camera in cui sto scrivendo il diamante della realtà è stato illuminato in tutte le sue infinite sfaccettature e mi sono seduto nella posizione del loto e una zona del mio cuore, quella oscura, ha maledetto le voci di chi ancora mi diceva cosa fare e un’altra, quella lucente, ha accettato ogni divisione e ha ringraziato le divinità della rabbia e della gioia e con un respiro ha ricucito ferite e ricomposto frammenti, quelli del passato, delle estati trascorse sull’Isola, della casa sul mare, dei giorni del vino e delle rose - i brividi della tua pelle abbronzata, le contrazioni della tua fica umida, gli orgasmi che appartenevano alla vita e che ora mi sembravano solo gli echi di un canto di morte - e in un’altra stanza, nelle sembianze oniriche di una donna, aprivo armadi e trovavo costumi appartenenti all’infanzia e poi la paura, perché qualcuno mi stava cercando e altre persone mi tenevano prigioniero e l’impulso atavico a nascondersi - e le notti nella piccola tenda e i richiami selvaggi della libertà, le spinte anarchiche, le rivolte di masochismo ed erotica esaltazione, le comunità inventate da tossici in crisi di astinenza - i libri in questa casa di sogni primaverili, gli specchi impolverati, le immagini speculari della mia anima, quando gli occhi parlavano e le mani accarezzavano i bagliori improvvisi di uno sguardo fuggente, quello di un ladro, di una goccia di rugiada agli angoli del tuo volto, la voce di mia nonna, i pugni in tasca, quelle alzati contro le ingiustizie di un mondo guidato da porci ubriachi in chiese di glorie terrene e merda santificata.

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