mercoledì 8 settembre 2021

Orgiva #59

 Aveva ragione mio padre quando diceva che non si poteva passare tutto il tempo a scrivere, Hemingway se ne andava spesso a bere o alle corride o a pescare il merlin insieme a Fidel Castro (chissà quanti ami gli si saranno infilati nella barba, ghignava lo scrittore) e aveva ragione anche il vecchio Hank quando diceva che i bar erano un ottimo posto per trovare l’ispirazione (insieme agli ippodromi, of course) e così anche io, seguendo i consigli dei più saggi, me ne andavo al Chico Bar o al Viejo Molino quando volevo una birra per cominciare a riempire una nuova pagina bianca o quando Sara voleva il suo spazio a casa e lasciavo per qualche ora il suo mondo per immergermi di nuovo nel mio, con la speranza che un giorno fossero diventati lo stesso universo e noi due stelle lucenti nella sua sensuale oscurità.

E le notti si susseguivano nella sua stanza, a volte trasformata in un teatro delle crudeltà erotiche, con atti proibiti, meravigliosi e impudici, altre volte ci addormentavamo abbracciati e mi limitavo ad ascoltare il suo respiro veloce e ritmico, poi c’erano le notti in cui scopavamo e mi sembrava di sprofondare nei misteri del sesso e della sua inquieta magia, poi mi fermavo e la guardavo negli occhi e tutto svaniva e la bellezza che vedevo al loro interno era sconvolgente, era qualcosa simile ad un incanto e le sussurravo che l’amavo, anche se nessuna parola avrebbe realmente potuto esprimere ciò che provavo in quei momenti.

Poi riprendevo a scoparla, ad occhi chiusi, a leccarle la fica, lei si avvicinava ad un orgasmo che poi fuggiva via, lasciandola in balia di non so quale disfatta personale, ma non c’è nessuna gara contro il tempo in questo tipo di cose, avrei dovuto dirle, nessuna inquietudine in questa bizzarra fuga verso un piacere che ti appare irraggiungibile, abbandonati ad un climax danzante dei sensi, aspetterò il ripetersi delle maree fra le tue gambe, questo luogo così suadente, floreale e marino, come fosse l’estuario di un fiume segreto su un oceano di fuggenti estasi femminee.

Le montagne intorno al pueblo continuavano a proteggermi con le loro linee e forme azzurrine durante i tramonti invernali o a ispirare scenari zen nei giorni di foschia e bruma fumosa. Aveva piovuto durante la notte e le pietre della piazza erano lucenti, come i miei occhi ogni volta che la tristezza li bagnava di ricordi e visi smarriti, dimentica il mio nome in modo che non ci sia nessun passato, nessun amante perduto, che nei sogni venga ancora a turbarti, con il suo inutile amore, le sue pressanti erezioni e ogni menzogna che non abbia mai avuto il coraggio di raccontarti.


Nessun commento:

Posta un commento

freewheelin' #82

  Le notti diventavano più brevi e il sonno si popolava di sogni e fra le loro storie c’eri anche tu, il tuo volto e il tuo corpo ma non i t...