lunedì 13 giugno 2022

Roma #23 (vigne nuove)

 Qualcuno viveva dentro questi palazzi? Cubicoli di cemento, spazi vitali ristretti e contenuti, come si poteva sognare o immaginarsi la vita in queste piccole e asfissianti prigioni tridimensionali? Sadismo architettonico, sottomissioni residenziali, nei parcheggi intorno, uomini più furbi o poveri, illuminati o dementi si erano comprati dei camper e lì trascorrevano, seminascosti, le loro esistenze alla deriva, come le nostre, del resto, avendo però ancora la possibilità di muoversi e forse scomparire altrove e per sempre. Scritte oscene sui muri, estasi calcistiche, defunte dittature politiche, fraseologie fasciste per fatiscenti folgorazioni filologiche, scheletri di moto e motorini, rosicchiati fino all’osso metallico, televisori buttati sull’asfalto, giardini incolti, abbandonati e dimenticati. Cortili vuoti nelle etiliche domeniche mattine, quando ero costretto ad uscire di casa alle 8.30 perché la donna delle pulizie sarebbe arrivata alle 9 e non volevo incontrarla, mica per niente, sapevo che non avevo nulla da dirle e che mi sarei sentito in imbarazzo a vederla lavorare. Così mi perdevo in questo vagare forzato, che dopotutto non era un male e lo scrittore mi seguiva con il suo quaderno colorato e il fotografo pure mentre si smarriva fra i riflessi delle luci e nelle sue geometri mentali. Anche l’Ombra era dei nostri, alla ricerca dei suoi feticci (scarpe da donna, tacchi alti, stivali, mutandine, calze) e tutti sembravano essere felici e tranquilli nelle loro bizzarre attività. Queste realtà parallele in cui scivolare, queste serie incongrue di edifici da cui trovare una via d’uscita, sempre ammesso che ce ne fosse una. Quartieri periferici in cui non ero mai stato, un meraviglioso cielo azzurro mi sovrasta mentre il giorno avanza e piccoli fiori sbocciano sui davanzali di un ennesimo sogno. Voci insolenti, insidiose, insulse. Il perimetro di un viaggio oltre le barriere di questo nulla, urbanizzazione perversa, sporcizia ovunque, i rami degli alberi come dita ladresche aggrappate agli squarci del cemento, vecchi uomini alle finestre, il sole in faccia, una sigaretta nella bocca. Dietro di loro l’oscurità di stanze fumose dove qualcuno attende di compiere i propri insani rituali. Apparecchi televisivi ancora accesi dopo notti insonni di masturbazione catodica, catatonie subliminali. Loro parlavano da soli nelle camere della privazione sessuale, nelle celle dell’isolamento erotico (lo sapeva bene l’Ombra, sentendo l’inizio di una erezione nel suo anello fallico). Il rumore dei tacchi non finirà mai di battere il nostro tempo di astinenza, ora di andare, sussurra Labbra Umide, di chiudere la porta, di osservare le interferenze farsi codici di un linguaggio alieno. Le strutture ignote della mente, le gabbie di pensieri nelle quali finiremo incoscienti per entrare, il lento movimento delle gru stagliate contro il cielo, scatta una foto, altri edifici, altri carceri, altre sbarre e muri che chiameremo casa. Linee concentriche nella sezione orizzontale di un tronco tagliato, uccelli primitivi sorpresi in danze di corteggiamento amatorio. Accoppiamenti, sdoppiamenti, smembramenti. I tuoi disegni, i tuoi incubi, le tue paure. Il rombare di una moto, il ronzio di un filo elettrico, una catena che suggerisce relazioni impossibili. Le serie di colonne si ripetono su ogni lato, il centro del quadrato non è altro che il vertice di una piramide vista dall’alto, divinità azteche sedute su divani di pelle umana. Interzone, altre interferenze, interpretazioni trascendentali - Pausa - Un’umanità derisa all’interno della sua commedia di ruoli e maschere, il club del silenzio, una scatola blu, le lacrime sul volto, i sospiri d’amore, un giorno che si ripete fra le pagine ancora non lette di notti che non avranno timore di essere chiamate tali, qualcuno che bussa, qualcuno distoglie lo sguardo, ci divoriamo l’anima per noia e compassione, la tua mano che indica un poverocristo che sbava sul marciapiede, si comincia da soli, si finisce insieme, ci si uccide a vicenda, ci si imprigiona nascendo.


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