venerdì 13 marzo 2015

Ausgang #7


I ricordi degli ultimi giorni erano confusi, una notte aveva iniziato a nevicare e la mattina dopo il mondo era apparso diverso, nella stanza l’aria era secca ed avevo difficoltà a respirare, Catalina doveva partire, prendere un aereo, andare in Macedonia per un concerto, mi ero svegliato per ultimo e lei, Maria e Benno erano già andati a casa di Helmut e Biggie per fare colazione, una colazione che, in questo paese, ha un significato più ricco e gustoso del nostro. Sono uscito che fuori nevicava, ero sicuro di ricordarmi la strada per arrivare a quella casa, mi sono perso, la mia mappa mentale non era ancora nitida, dettagliata, è stata bella, però, la sensazione di smarrirmi, di sentirmi, per un breve tempo, da solo in quelle strade, dove uomini e bambini spalavano la neve dai marciapiedi e dai vialetti d’accesso alle loro case e lei continuava a cadere, danzando nell’aria, ho accarezzato le tue braccia di porcellana, in sogno, ho guardato la maschera del tuo volto e gli occhi neri come opali, non avevo molto freddo, perché camminavo e il sangue era in circolo, il cuore pompava il suo flusso inarrestabile, avevo la barba ricoperta di piccoli fiocchi bianchi e ho continuato ad andare, fino a ritrovarmi davanti alla casa da cui ero uscito prima, ho parlato con Josef, il padre di Benno, la sua voce era autoritaria, quasi minacciosa e la sua risata, ad ascoltarla, era invece primaverile, fanciullesca e limpida e ha detto alla figlia di accompagnarmi in macchina fino alla casa di Helmut e Biggie. Loro erano dentro che mangiavano e parlavano, sono entrato, mi sono tolto le scarpe, come da abitudine, mi sono seduto qualche minuto davanti alla stufa per riscaldarmi, poi ho raggiunto il tavolo e mi sono unito agli altri. Fuori continuava a nevicare e Sofia era sul pavimento, mi sono messo a giocare con lei, sorrideva ed erano un suono meraviglioso i suoi piccoli gridi di gioia, uno spiraglio di speranza in una porta chiusa sul dolore, troppi incontri e relazioni con le persone sbagliate, troppe parole dette ed ascoltate, Sofia continuava a passarmi i suoi giocattoli e io creavo storie, momenti, musica e rumori, dialoghi impossibili, inventavo attimo dopo attimo la sua felicità e lei la prendeva tra le sue mani da bambina, ridendo, per poi gettarla via e seguire il flusso immacolato della sua esistenza, Maria l’ha presa in braccio e l’ha tenuta per un po’ così, Sofia continuava a cercarmi con gli occhi, sorridendo.

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