L’ombra
di mio padre nascosta tra quelle ondeggianti degli alberi. Ombre oscure. Uomini
scuri. Gli alti uomini neri mi guardavano seduti in cerchio intorno ad un
fuoco. Uomini vestiti di piume con antiche maschere da uccello sul volto. I
lunghi becchi di legno. Il suono dei tamburi. Le danze a piedi nudi delle
donne. I canti e le melodie della mente.
Seduto
su una sedia mezza sfondata, su una terrazza, le luci del giorno dopo un
temporale, l’odore della pioggia, guardo le pozzanghere che sono rimaste, il
mondo riflesso, la possibilità di altre dimensioni, la percezione di quel mondo
in uno specchio d’acqua - ci sono infinite realtà intorno a noi, la ricerca dei
varchi, delle porte, delle zone di confine. Le gocce che cadono da una grondaia,
dai rami di un albero, finiscono nelle pozzanghere e formano cerchi e il mondo
riflesso è uno specchio ondulato e il tuo respiro segue il ritmo di quei
cerchi, evapora la tua pelle e il tuo corpo, sei aria che sale dalle superfici
bagnate riscaldate dal sole.
Un
palazzo decadente, posso vedere i mattoni sotto le crepe dell’intonaco, freddo
silenzio, conto le fiale di morfina che gli uomini in bianco mi hanno dato.
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