martedì 21 novembre 2017

Cymru #19


Stanze e corridoi oscuri, colori cupi, liquidi e soffocanti, luci al neon attaccate alle pareti, i ronzii degli insetti meccanici, le mani sporche, l’olio nero che colava in un secchio sul pavimento, i motori arrugginiti, gli scaffali pieni di parti mancanti, rubate e abbandonate, gli schemi ripetuti nella mente, un dito puntato sulla gola, i centri di energia e i loro colori, la tenda mongola in cui viveva Robyn, i vestiti dell’ottocento e gli oggetti della memoria, uno specchio senza riflessi, le tende e i cuscini e i tessuti orientali, l’oppio fumato a Venezia, una casa abbandonata sul punto di crollare, disteso sulla moquette grigia, i piedi di una donna sul mio volto, così reali e nitidi, il desiderio di leccarli, l’odore del sesso tra le lenzuola, il sole splendeva in un tempo dilatato e brillante, i punti sulla linea degli eventi diventavano stazioni di una metropolitana mnemonica, tornare indietro e osservare quanto era successo, gli archivi con le pagine scritte, le connessioni emotive, le immagini proiettate dagli occhi, le colline viola, i pensieri che perdono consistenza, il loro intrecciarsi, lo sguardo dello scrittore e le sue parole che attendono di essere trovate.

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