Travestimenti
notturni nella tenda di Robyn e oggetti e gioielli e bizzarri accessori, i
cambi d’identità sessuale e un ragazzo seduto su un divano pieno di cuscini,
una bustina con dell’erba jamaicana fra le dita, qualcuno che accende la stufa
mettendoci dentro dei pezzi di legno, poi una serie di fotografie nelle mie
mani: i costumi, gli sguardi, le trasformazioni.
Nel
pomeriggio della domenica il sole era lucente e illuminava il mondo in un’estatica
meraviglia, io e Bea eravamo sdraiati sull’erba a bere birra e fumare hashish
marocchino insieme a Ken e lui sembrava stranamente a suo agio in mezzo a noi
mentre una donna parlava di suo padre, di quando si erano conosciuti ed erano
racconti che si perdevano nei ricordi di tempi fuggiti troppo velocemente,
senza controllo, perché nessuno sapeva cosa stava facendo, con le droghe che
alteravano e costruivano universi paralleli nei quali rifugiarsi o impazzire.
C’erano
dei vuoti nella memoria, delle parti mancanti e lo scrittore poteva aggiungere
nuovi particolari e ricostruire le scene come meglio credeva, Luna lo aveva
salutato con un bacio sulla mano e si era allontanata leggera e sorridente e Bea
chiacchierava con tutti e lo faceva sentire al sicuro, lo scrittore osservava
gli spostamenti, le direzioni, le pause, le improvvisazioni, si lasciava
trasportare e poi ordinava ancora da bere, ci saremmo mai liberati anche da noi
stessi? Ce l’avremmo mai fatta a non essere più nulla, solo vuoto e respiri e
nessuna voce a chiedersi e domandarsi significati e spiegazioni?
L’aria
della mattina era dolce e profumata e le sequoie immense visioni che lo sguardo
inseguiva, poi i tuoi respiri e i sentieri fra i prati e dove sarei arrivato
nei giorni che la vita ripeteva solo per gioire di se stessa.
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