mercoledì 7 dicembre 2016

Castle Lane

La sagoma di una torre sulla sommità di una collina, la nebbia e la foschia che la avvolgono in mistiche apparizioni. Gli uomini camminavano nella notte, le torce in mano, una lunga fila di piccoli fuochi fatui che risaliva le linee di pendii misteriosi. 
Le immagini delle nervature delle foglie di vite impresse nella retina dei miei occhi, mappe di memorie svanite, i tralicci dell’uva come strutture di pensieri tentacolari, la mente si muoveva in maniera circolare, oscillava in un flusso di ricordi, i volti erano solo accennati, apparivano e svanivano senza lasciare tracce. La terra era curva e sembrava appartenere a una visione indotta dalla salvia divinorum, la realtà seguiva il movimento di circonferenze impossibili, il rumore nitido delle ali degli uccelli che battevano nell’aria in una giornata di sole dove i colori esplodevano in tutta la loro potenza e i contrasti cromatici diventavano ferite, profonde e antiche come le strette le strade di campagna dove camminavo, un cane al mio fianco, i cottage di pietra, silenziosi e perfetti nella loro solitudine, l’odore dello zolfo sulla pelle e gli occhi gialli e demoniaci delle capre, i sussurri della notte quando la fatica cominciava a sciogliersi, il corpo di pietra poco prima di entrare nel mondo dei sogni, in alcuni luoghi le esperienze oniriche erano più intense, erano posti speciali, la mia mano che si spostava in ipnotici gesti, una stella di vetro azzurro appesa ad una finestra, l’alba che la attraversa sotto manti di grigio candore, le vesti leggere dell’aurora in un cielo d’infanzie rapite. 

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