giovedì 16 agosto 2018

Artist Valley #1

Bianchi silenzi e strisce di coca nelle albe alcoliche, le orme immaginarie lasciate su moquette di stupore e gli alberi dalle forme di pensieri immobili, creati durante la notte, i fari della macchina che illuminavano spoglie visioni d’asfalto, i primi raggi del sole che sfioravano le cime delle colline, un altro giorno che non sarebbe stato uguale a nulla, perché passato e futuro non erano altro che ricordi e progetti senza più valore, le enormi casse e le pulsazioni e i divani e le persone sedute a parlare, chiudevo gli occhi e lasciavo la pelle vibrare insieme agli effetti della mezza pasticca che avevo inghiottito, i fuochi che bruciavano nel buio, la voce impastata di David e i suoi folli discorsi in sequenze dilatate e poi improvvisamente frenetiche, come se qualche misterioso alchimista si divertisse con la manopola del tempo, le cerimonie lunari, i tamburi e i canti dell’ayahuasca, i funghi magici che ampliavano respiri e percezioni, i rami nudi che ondeggiavano nell’oscurità, il senso di calore e protezione intorno alle fiamme, poi i sogni e le stanze e gli incontri e il libro nero che non avevo più toccato, ci perdevamo in vite in cui nessuno avrebbe mai pensato di finire, senza ormai  nessun desiderio, nessun legame, niente che potesse assicurare una continuità di ore all’inesorabile caduta, precipizi, abissi, limiti, confini, barriere, allargavamo e restringevamo i nostri vuoti d’aria, perché erano l’unico modo in cui potevamo essere veramente liberi dal pensiero e dalle sue conseguenze, Bosch aveva visto l’inferno nelle nere fessure di braci ardenti e niente rimaneva la mattina dopo di quanto era stato creato e discusso su tappeti di polveri da inalare, risplendevano gli occhi nelle lucide composizioni della mente, non si poteva rinchiudere il proprio cuore nei battiti accelerati di lavori fisici, costruivamo il corpo in strati di muscoli accaldati, sudore e fatica, flussi mentali che colavano in trincee di radici spezzate e terra martoriata e cicatrici lasciate da una guerra che nessuno aveva ordinato, ma era lì la nostra energia sprecata, gli aerei che tagliavano il cielo e la sfera del suono, qualcuno aveva combattuto ed era morto per millenni, l’oscuro potere che giaceva nelle profondità di misteriosi esseri, le piume alzate in ornamenti sciamanici di galli in attesa di attaccarsi a vicenda, i piedi che calpestavano la terra creando ritmi che i tamburi avrebbero moltiplicato in ipnosi sonore, non c’era nulla che avesse senso sussurrare ancora, il cielo accoglieva i tuoi brividi, perché questa era la fine di un giorno mai nato.

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