giovedì 9 agosto 2018

Noddfa Dawel #5

Al era tornato dalla Spagna con la sua auto, in un viaggio di tre giorni. La mattina lo sentivo cantare mentre risaliva il sentiero fuori dai bungalow, probabilmente dopo aver cacato vicino a un albero. Aveva il suo pick up da sistemare, era stato parcheggiato qui per più di due anni, un paio degli enormi pneumatici erano a terra e la batteria era da ricaricare. Il cassone posteriore era simile a una carrozza del circo o degli zingari del secolo scorso, con una struttura arcuata e tondeggiante, ricoperta da un telo cerato verde. Ci si poteva dormire dentro e anche vivere. Al aveva avuto un infarto e ancora continuava la sua esistenza nomade, seguendo il ciclo delle stagioni e quello delle cose, doveva avere quasi sessantacinque anni ed era uno dei superstiti della sua generazione, mi piaceva ascoltare i suoi racconti di hippies e acidi e stili di vita alternativi, le sue teorie sul consumo energetico e le prossime conquiste spaziali, la resistenza agricola delle piccole comunità e i nuovi mercati monetari elettronici, gli mancavano dei denti nella bocca, così quando rideva tendeva a mettersi una mano davanti al labbro superiore, i suoi occhi erano azzurri e vivi e c’erano ancora lampi di gioventù dentro, sarebbe andato a Bali per tre settimane, a trovare degli amici, l’avrei aspettato qui per l’inizio dell’inverno, giusto per ascoltare altre storie o magari per seguirlo nel suo ritorno in Spagna, ogni possibilità era a portata di mano, non c’erano più pareti rosa pallido a impedirmi di guardare lontano, le giornate diventavano sempre più corte con momenti improvvisi di estatica bellezza, non sapevo quando me ne sarei andato, avevo finalmente iniziato a dimenticare chi ero stato in un passato che attendeva solo di essere trascritto e trasformato in parole, era materiale narrativo da rielaborare a seconda dell’ispirazione, degli stati d’animo, delle intuizioni anarchiche, costruivi e distruggevi, lo avevi fatto per anni, poi rimanevi in equilibrio e allora, intorno a te, tutto appariva nitido e reale, ci sarebbero state altre fughe, era inevitabile, l’importante era non sapere mai dove ti avrebbero portato. 
Al si alza dalla sedia dopo aver finito di parlare, va verso la sua camera, proprio davanti alla mia e sussurra mentre cammina nel corridoio, con un filo di voce, cosmic.

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