lunedì 22 ottobre 2018

Artist Valley #10

Visioni oscure, masse nere, figure ancestrali e corpi e cadaveri seduti in un cerchio di buio, le pietre roventi, le eiaculazioni di acqua e vapore, le gambe aperte della roccia e i suoi fluidi liquidi scroscianti, l’uomo poggiato sui talloni, nudo, il membro gonfio  e in erezione, gli antichi rituali di vita e morte, gli dei della fertilità e quelli del regno dei morti.
La bottiglia era piena di un liquido rossastro e sanguigno, amaro e grumoso, le cortecce di alberi giganteschi nella giungla, gli ambienti sonori, sferici e avvolgenti, il frusciare delle ali di un uccello invisibile, le piume che lo sciamano muoveva per cacciare via impurità e malattie, il ritmo cardiaco e incensante del tamburo, i canti vegetali e le voci aliene, i movimenti intestinali, i rigurgiti, i residui tossici che lo stomaco espelleva fra canzoni di guarigione, l’uomo della medicina era seduto davanti all’altare della mezza luna, ancora ombre, sulle pareti della tenda indiana, doppi silenziosi che scivolavano ovunque, proiezioni psichiche della luce e del fuoco che prendevano vita e si muovevano solenni e misteriose, le preghiere e la terra e i giorni che il mondo aveva dimenticato perché non erano mai esistiti, chiudevo gli occhi e qualcuno parlava al mio cuore, per sanarne le ferite, c’era un peso, una presenza di tenebra e dolore, una porta chiusa, una voce ormai muta, i serpenti, gli animali selvaggi, le geometrie auditive e quelle della mente, assenza di materia in sguardi freddi e primitivi, c’era una coscienza, un sapere, una forma d’intelletto e comprensione che trascendeva la nostra cultura scientifica e materiale, una realtà diversa che le percezioni accoglievano una volta liberate dai blocchi della razionalità, anni di istruzione istituzionalizzata non sono stati altro che una gabbia psicologica e cognitiva, un addestramento forzato alla normalità, alle giacche e alle cravatte e agli orari di apertura e chiusura, alle strade di città gremite di anonimi volti e serie infinite di sconosciuti, i messaggi telepatici, le intuizioni degli occhi, la vita che proseguiva e si ampliava nella dimensione del sogno, dove provavo a mettere ordine agli eventi del passato, a quello che era accaduto e scomparso, a tutte le cose lasciate a metà: le separazioni, gli addii, le inevitabili interruzioni. I volti che tornavano a parlarmi, perché ci fosse un chiarimento che non era mai avvenuto, li ascoltavo, li lasciavo andare, perché in quel luogo nulla era reale eppure profondamente vero, poi tornavo nel mondo ordinario, i passaggi che stavo imparando ad attraversare, i primi segni dell’alba nel cielo, i respiri che diventavano profondi atti di coscienza, una mano che scrive, l’altra che afferra dita che sembrano svanire oltre i confini di liquide memorie.

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