mercoledì 3 ottobre 2018

Artist Valley #6

David parlava dal piccolo schermo di un telefono cellulare, strano e lucente personaggio dostoievskiano rinchiuso nella sua cella di ritiro spirituale in un monastero scozzese. I richiami telepatici dell’ayauasca lo collegavano attraverso i sogni ad altre presenze del subconscio, esseri alieni dagli infiniti spettri cromatici e psichici. Gli occhi di un gatto che mi guardavano, antiche percezioni egizie e la punta della Piramide e il centro di un quadrato come istruzioni geometrico-spaziali per spiegare il mio ingresso in flatland. Fuori nevicava e Stephen disegnava mappe con matite colorate mentre io catalogavo semi di piante psicotrope e allucinogene, poi durante la notte mi sintonizzavo, ad occhi chiusi, alla mind-tv,dove andavano in onda episodi della mia vita, montati in ordine casuale, con sequenze che si sovrapponevano le une alle altre, precipitando in ellissi di tempo passato per poi esplodere in emozioni e stati d’animo presenti, le coperte gialle, la stanza blu, il laboratorio segreto in cui John ancora sintetizzava acido lisergico, le montagne che racchiudevano segreti, gli alberi che oscillavano mormorando nel vento, le creazioni di ghiaccio e acqua, hasta el infinito siempre, urlavano i nuovi rivoluzionari psichedelici, ogni battaglia era stata persa e dimenticata perché combattuta nei luoghi sbagliati, gli scienziati finivano per ridurci in molecole e atomi, saremmo stati divisi fino ad arrivare al nulla, il vuoto buddhista ricomponeva teorie e assiomi, siedi in silenzio nell’ombra di te stesso, osserva il tuo respiro, tutto appare e scompare in una ciclica perfezione.

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