Il
mio corpo nudo davanti ad uno specchio, le statue del Buddha nella posizione
del loto, gli uccelli che parlavano dagli alberi nei loro vestiti di piume
sgargianti, scorreva un fiume nella foresta, i tuoi lenti respiri, c’erano
lampade che scendevano dal soffito e dalle pareti arancioni, l’odore
dell’incenso e le candele accese, scivolavano le mani sul corpo, gli oli
profumati, gli sguardi delle bambine nei villaggi, la luna era enorme mentre
saliva dall’orizzonte, il latrato dei cani, la tua morbida pelle - poco
distante, mi ha detto il vecchio, quanto manca gli avevo chiesto, è poco
distante, dove, dimmi dove, segui il sentiero, arriva alla capanna, suona la
piccola campana d’argento appesa fuori dalla porta e attendi - i miei occhi di
giada, sono arrivato, i brividi lungo la spina dorsale, la voce sussurra di
entrare, melodiosa e rassicurante, una mano mi prende e mi accompagna tra
corridoi in penombra - mi stendo per terra, sul futon, odora di pulito, in
sogno qualcuno era venuto a trovarmi, mi aveva salutato fuori da una porta, ci
eravamo abbracciati, qualcuno mi passa una pipa carica, la accende e mi fa
fumare, dolci papaveri, crescete lontani dal fragore del mondo, crescete
nell’aria delle pianure silenziose, l’oro dell’estasi, è tutto così pieno di
equilibrio e splendore - i tuoi occhi di madreperla mentre mi guardano, le
boccate di fumo si disperdono nell’oscurità della stanza, è buono? Chiede la
voce, sorrido, la porta si chiude, l’abisso respira di stelle riflesse, un
altro tiro, galleggia nel nulla la mia anima e tu, perduta nel tempo, che
ancora sorridi prima di voltarti e uscire per sempre dalla mia vita.
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