giovedì 25 giugno 2015

le alte torri #9


Più passavo del tempo nel quartiere e meglio ne capivo il funzionamento, come se dietro l’apparenza delle porte, delle finestre e delle serrande abbassate esistesse un’altra dimensione, oscura e misteriosa, ricca di suggestioni - camminare per le strade del quartiere quando pioveva e l’asfalto era lucido e potevi sentire il freddo dell’inverno e gli echi dei suoi lontani racconti, cadeva la pioggia e la guardavo illuminarsi vicino ai lampioni dalle luci arancioni, sentivo il contatto della sostanza nella mia mano chiusa, in una delle tasche del giaccone.

C’erano segnali che andavano imparati, i fischi, le occhiate, la parole in codice, c’erano stanze segrete, quelle dove compravo la sostanza, quelle dalle luci rossastre, le stanze oscure, piene di antichi strumenti di tortura, le stanze in penombra con i lettini per terra e le lunghe pipe cariche d’oppio - qualcuno mi ha insegnato come entrarci, dal vecchio ho imparato a guardare con occhi diversi, un giorno mi ha accompagnato davanti ad una porta magica, in un angolo dimenticato tra le rovine di alcuni antichi palazzi, eravamo davanti alla porta e il vecchio mi disse se fossi sicuro di voler entrare, di voler vedere cosa ci fosse dall’altra parte, sei sicuro ragazzo? Mi chiese il vecchio e sorrise, io annui senza rispondere, lui si avvicinò a entrambe le statute che sedevano ai due lati della porta, prima da una e poi dall’altra, le statue del dio bes, sussurrandogli qualcosa - il tempo si fermò, completamente, intorno a me, come in un fermoimmagine mentale, tutto immobile, immerso nel vuoto, la porta si aprì senza muoversi, una dissolvenza incrociata tra l’immagine della porta chiusa e quella della porta aperta, adesso puoi entrare, disse il vecchio, che cosa troverò, gli chiesi? Tutto quello che hai perduto, mormorò lui e si dissolse in una nuvola di fumo.

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