domenica 5 febbraio 2017

Out on the weekend (2009)


Think I'll pack it in
and buy a pick-up
Take it down to L.A.
Find a place to call my own
and try to fix up.
Start a brand new day.


L’estate era quasi arrivata e la sua magica luce inondava la Valle in maniera meravigliosa. Gli alberi e le case, la polvere e le strade. Le persone e le automobili assumevano contorni delicati, i colori sfumavano nel tramonto fra ondulati riflessi d’oro. Il profumo dei gelsomini e l’arrivo della notte, il momento migliore per uscire e fare quattro passi. Erano sei mesi che vivevo da solo, la mia ultima donna mi aveva lasciato per un altro, non avevo capito molto di quanto era successo, qualcuno mi aveva confidato che era solo un gioco, di cui in realtà non mi erano mai interessate le regole.
Ascoltavo i dischi dei Doors e di Jimi Hendrix, dei Grateful Dead e dei Jefferson Airplane, fumavo molta erba, bevevo birra ghiacciata e mi concedevo un trip di tanto in tanto. Fuori della stanza era una sensazione incredibile camminare e liberare lo sguardo nelle visioni indotte dall’acido. La luce si divertiva in giochi indescrivibili. Si creavano soli nella mia mano. La paura era dimenticata. Avevo anche iniziato a praticare la meditazione. Riuscivo ad immergermi nel mio oceano interiore. Caldo e brillante. Pieno di pace e quiete. Un luogo che avevo sempre cercato e che alla fine avevo scoperto esistere dentro di me. I miei viaggi continuavano ad essere molto introspettivi. C’era un universo senza fine appena sotto i limiti imposti dalla pelle. Si aprivano mondi in cui esistevano altri mondi ancora da esplorare. Avevo anche smesso con le scopate, forse perché il cazzo non mi tirava più di tanto, forse perché quell’ossessione aveva finito di esercitare su di me quel suo oscuro fascino. Da sei mesi non facevo sesso, niente bocchini o leccate di fica, leggevo Kinder e Bunker e qualche altro autore della Valle. Cucinavo pesce e bevevo dell’ottimo vino bianco. Scrivevo quasi ogni giorno. Rimanevo intrappolato in una splendida solitudine.

Ero seduto su una poltroncina di vimini sul prato davanti alla casa dove abitavo, sorseggiavo una birra e fumavo lentamente una canna. Ogni tanto qualcuno passava a salutarmi, offrivo da bere, ci facevamo una chiacchierata, io e il mio ospite, poi si rimaneva in silenzio, soprattutto quando l’erba era troppo forte.

Il tempo aveva contorni irridescenti, scie di pura energia che seguivo con lo sguardo, fuggire lontano, entrare nelle finestre, dissolversi nel cielo.

Mi ero completamente perso.

Non ricordavo un periodo in cui la mia vita fosse stata altrettanto semplice.

E pura.


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