Think I'll pack it in
and buy a pick-up
Take it down to L.A.
Find a place to call my own
and try to fix up.
Start a brand new day.
L’estate era
quasi arrivata e la sua magica luce inondava la Valle in maniera meravigliosa.
Gli alberi e le case, la polvere e le strade. Le persone e le automobili
assumevano contorni delicati, i colori sfumavano nel tramonto fra ondulati
riflessi d’oro. Il profumo dei gelsomini e l’arrivo della notte, il momento
migliore per uscire e fare quattro passi. Erano sei mesi che vivevo da solo, la
mia ultima donna mi aveva lasciato per un altro, non avevo capito molto di
quanto era successo, qualcuno mi aveva confidato che era solo un gioco, di cui
in realtà non mi erano mai interessate le regole.
Ascoltavo i dischi
dei Doors e di Jimi Hendrix, dei Grateful Dead e dei Jefferson Airplane, fumavo
molta erba, bevevo birra ghiacciata e mi concedevo un trip di tanto in tanto.
Fuori della stanza era una sensazione incredibile camminare e liberare lo
sguardo nelle visioni indotte dall’acido. La luce si divertiva in giochi
indescrivibili. Si creavano soli nella mia mano. La paura era dimenticata. Avevo
anche iniziato a praticare la meditazione. Riuscivo ad immergermi nel mio
oceano interiore. Caldo e brillante. Pieno di pace e quiete. Un luogo che avevo
sempre cercato e che alla fine avevo scoperto esistere dentro di me. I miei
viaggi continuavano ad essere molto introspettivi. C’era un universo senza fine
appena sotto i limiti imposti dalla pelle. Si aprivano mondi in cui esistevano
altri mondi ancora da esplorare. Avevo anche smesso con le scopate, forse
perché il cazzo non mi tirava più di tanto, forse perché quell’ossessione aveva
finito di esercitare su di me quel suo oscuro fascino. Da sei mesi non facevo
sesso, niente bocchini o leccate di fica, leggevo Kinder e Bunker e qualche
altro autore della Valle. Cucinavo pesce e bevevo dell’ottimo vino bianco.
Scrivevo quasi ogni giorno. Rimanevo intrappolato in una splendida solitudine.
Ero seduto su una
poltroncina di vimini sul prato davanti alla casa dove abitavo, sorseggiavo una
birra e fumavo lentamente una canna. Ogni tanto qualcuno passava a salutarmi,
offrivo da bere, ci facevamo una chiacchierata, io e il mio ospite, poi si
rimaneva in silenzio, soprattutto quando l’erba era troppo forte.
Il tempo aveva
contorni irridescenti, scie di pura energia che seguivo con lo sguardo, fuggire
lontano, entrare nelle finestre, dissolversi nel cielo.
Mi ero
completamente perso.
Non ricordavo un
periodo in cui la mia vita fosse stata altrettanto semplice.
E pura.
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