venerdì 3 febbraio 2017

Muscat du Cape Corse (2008)


Bevevo muscat du cap corse seduto su una sedia di legno e paglia. Guardavo il mare in lontananza. Protetto da un panama. La luce era accecante. Indossai un paio di occhiali da sole. Pensai all’oppio. Poi alla morfina. Poi mi accesi un cigarillo e tirai una lunga boccata. Assaporai il fumo. Lo buttai fuori con piccoli soffi. Nell’aria si formarono anelli di bianca indifferenza.

Avevo una stanza sopra rue du portone. Un amico pittore me l’aveva lasciata per qualche mese. Lui era in viaggio. Polinesia. Tailandia. Le tavolozze con i colori e le sue tele disperse su pavimenti e pareti. Cucinavo pesce. Bevevo dell’ottimo vino bianco. Del Rosé. L’oppio lo potevo comprare al porto. Avevo conosciuto alcune persone. Me le aveva presentate il pittore.

Fumare oppio sulla piccola terrazza che dava sul mare all’arrivo della notte. Galleggiare nei misteri dell’oriente guardando l’accendersi delle stelle. Espandersi in un flusso vorticoso di fantasie proibite. Essere abisso e universo. Stella e roccia marina. Sentire le correnti del mare e l’immutabile movimento degli astri. Riempirsi di inutili consapevolezze e con un soffio farle diventare polvere di cosmo. Io ero vivo. Riappacificato. Lieve. I libri di Baudelaire, Coleridge, De Quincey, London, Poe. Accatastati in un angolo. Porte su altri mondi. Entrare nelle menti di questi scrittori era un’esperienza unica. Avevo i capelli grigi. Il corpo scavato. Le mani che tremavano.

Finito il muscat spensi il cigarillo ed uscii dal caffè pagando il conto ad una ragazza. I suoi lunghi capelli biondi, la dolcezza del sorriso. I suoi vent'anni. La sua giovinezza. Tutto racchiuso in un corpo, nella voce, nelle delicate movenze delle sue mani. Come in un miracolo. In un dono di Dio.

Il tramonto scivolava nel buio.

Il mio cuore si apriva alla malinconia e ai dolci ricordi e ai sogni di mondi dorati.

I fantasmi attendevano nel ventre oscuro della notte.

La vita era fatta per essere sprecata.

Secondo dopo secondo.

Mi misi una mano in bocca. Un altro dente era caduto.

La mia piccola terrazza mi stava aspettando.

Le dolci maree dell’immaginazione iniziarono a sommergermi.

Pregai per la luna.

E il suo volto d’argento.


Mi accesi una sigaretta e mi incamminai verso il porto.

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