lunedì 10 dicembre 2018

Copenhagen #2

Correnti e movimenti metropolitani di corpi, canalizzazioni psichiche verso nessun luogo, ventiquattromila ipotesi di personalità  smarrite, volti che si sovrapponevano creando identikit senza logica, passato o prospettive future, ogni vita si immobilizzava in un frame di  possibilità perpendicolari e così camminavamo verso i miraggi architettonici del Black Diamond, la biblioteca di blocchi trasparenti dissolti nello spazio urbano, le linee delle luci che nuotavano nell’aria creavano scie di visioni geometriche, i passi si facevano ritmici, pusher street e Christiania, gli stili di vita alternativi degli anni settanta stampati su magliette e adesivi, il Mercato divorava ogni cosa, il Capitale era in grado di omologare qualsiasi tentativo di ribellione, le proteste non erano diventate altro che enormi scherzi commerciali, scioperi invisibili di classi sociali scomparse, avanguardie artistiche naufragate in bottiglie di vodka annacquate, il muffin aveva un forte sapore di hashish e lo masticavo lentamente, poi io e Maria ci siamo diretti  verso il Nyhavn e i suoi colori pastello di facciate fiabesche, mi sentivo leggero e di buon umore e il lieve effetto dell’hashish che stavo sentendo e che credevo mi avrebbe trasportato in una morbida serata di incanto ha iniziato a intensificarsi sempre di più e quando mi sono reso conto della botta che mi stava salendo è stato troppo tardi e così il sogno psichedelico è tornato a trovarmi insieme alle stroboscopiche intermittenze lampeggianti delle giostre del Tivoli, dove siamo arrivati senza che neanche me ne accorgessi, perso e pesante nelle mie scarpe di cartapesta, poi i fuochi d’artificio hanno cominciato a esplodere nel cielo come ragni danzanti, le traiettorie colorate dei laser sezionavano nuvole di fumo sintetico, eravamo immersi in un delirio ludico allo stato puro, era tutto intorno a me, in ogni singola percezione, sogghignavo come un demente, continuando a smarrirmi, aggrappandomi ai discorsi di Maria che cercava di farmi riprendere, purtroppo senza nessun risultato, ci siamo spostati e seduti e poi spostati e seduti di nuovo e c’erano enormi pale che ruotavano in maniera circolare con aerei artificiali attaccati alle estremità, navi volanti, montagne russe sintetiche, tazze che vorticavano in coreografie lisergiche, paesaggi orbitali, atterraggi e partenze in notturne circonferenze nordiche, spinte ondulatorie in sequenze carnevalesche, pantomime in costume di attori di legno, carne e metallo, manopole dell’alta velocità, leggi fisiche abolite nelle eco di ghigni e urla e strilli di divertimento terrorizzante, case degli specchi, la luce del mattino che accarezza piano le tende e le superfici bianche della stanza in cui mi sveglio, Maria ancora addormentata al mio fianco, la guardo nella grazia di questo momento, con una enorme tenerezza nel cuore, senza più pensieri e promesse, mentre il tempo che da sempre ci accompagna scivola piano lontano da noi.

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