sabato 15 dicembre 2018

Manchester #6

Non che il mondo, le cose e le persone fossero cambiati dopo questi mesi di assenza, isolamento, esilio, riparo, fuga, la lontananza da una vita normale mi aveva mostrato più chiaramente quanto sapevo già, non avevo mai avuto bisogno della gran parte delle merdate che mi circondavano, ma ci ero cresciuto nel mezzo, le avevo da sempre avute intorno e  per questo, alla fine, le avevo credute reali. Non pensavo fosse possibile vivere al di fuori di quel perimetro di costrizione sociale e mentale in cui ci avevano addestrati fin da bambini e invece una scelta la potevamo ancora fare e dopo guardare tutto con occhi nuovi e più attenti. Lo schifo c’è ancora, è inevitabile, lo vedo materializzarsi anche adesso, fuori dalle vetrate dell’acquario virtuale in cui sono seduto a scrivere, nello spazio di anonimato metropolitano di una stazione ferroviaria, posso osservare le persone che camminano e passano nel vuoto architettonico, traiettorie orizzontali di esistenze ignote, questi corpi mi scivolano davanti senza che possano toccarmi, i loro vestiti, le mode, gli stili, tutto superfluo, tutto illusorio e ancora i miserabili, come quelli che mi sono lasciato dietro nel mio passato di ingannevoli privilegi, seduti ai lati della strada, gli occhi che cercano intorno, che cosa? Che qualcuno li riconosca, che qualcuno si fermi e parli con loro e li faccia sentire ancora esseri umani, ma tutti tirano dritto, corrono, si affrettano, parlano all’aria, fissano uno schermo, un uomo e una donna discutono di lavoro e guadagni e famiglia, seduti accanto a me, di quello che succederà domani, fra un mese, tra un anno, previsioni, colloqui, scambi, spiegazioni, frasi sputate fuori così velocemente che corrono il rischio di perdere il proprio significato, ma loro sembrano capirsi, mentre li ascolto e continuo a scrivere, lentamente, perché non c’è più traccia d’inquietudine nel mio cuore per quello che dovrà succedere, non voglio oppormi, creare attriti, ogni conflitto è stato perso e con esso sono tramontate le costanti e illusorie interpretazioni del caos, i volti e le maschere del destino e le sue bizzarre sceneggiature, dialoghi sempre più minimalisti, un sorriso, un accenno, il movimento involontario di un sopracciglio, quale sarebbe stato il prossimo passo? La Caduta, era il titolo di un soggetto che il produttore aveva ancora intenzione di realizzare, Giorni Rubati, la proposta sovversiva di un promettente sceneggiatore, qualcuno attendeva risposte nei respiri che momento dopo momento si regalava, sarebbe diventato più difficile dopo? Chiedeva un giovane fotografo al proprio riflesso sconvolto, il trucco che colava dalla sua faccia  e le sostanze in strisce oblique sul tavolino di vetro, posa la bottiglia suggeriva la mano allo scrittore, poi calci in culo agli stereotipi e maschere mandate in frantumi sui palcoscenici dell’avvenire. 
Ci sarà un punto su questa linea oltre il quale non potremo più andare. Ti aspetterò lì. Perché possa ancora guardati negli occhi. E baciarti. E dirti addio con le mie labbra.

Nessun commento:

Posta un commento

freewheelin' #82

  Le notti diventavano più brevi e il sonno si popolava di sogni e fra le loro storie c’eri anche tu, il tuo volto e il tuo corpo ma non i t...