martedì 16 giugno 2020

Cigarrones #7

Tre uomini vennero da Nord, risalendo il corso del fiume e del tempo a piedi. Scarpe sfondate, sformate dai chilometri percorsi e dal caldo, i vestiti ridotti a stracci arlecchineschi e Alfie, giovane nobile di una antica famiglia decaduta, con il suo borsello di pelle conciata, pieno di sezioni a forma di stella di San Pedro essiccato, il potere della messalina era arcaico come i misteri e i segreti della terra stessa e poi scie di polvere dove le macchine passavano, in percorsi di esistenze deviate lungo i sentieri sconosciuti di sostanze proibite, stipate in scompartimenti segreti di bus e furgoni, abbandonati e ormai arrugginiti e Vittorio scaldava con la sua fiamma ossidrica un bong di metallo e ferro, poi raschiava da un foglio di carta da forno olio di canapa e ce lo faceva fumare a turno, fino a quando ognuno di noi fosse passato dall’altra parte (Nagual), quella dove si trovava lui e la sua vita fatta di echi di storie di banditi&briganti, gli stessi anarchici che si erano rifugiati fra queste montagne per scappare dalle mani tese di statue di fascismi di pietra e dittatori dalle sembianze di burattini arrapati e Paul sorseggiava whisky su una poltrona senza un bracciolo, la luce che si rispecchiava nei suoi occhiali, il riflesso leggermente distorto della mia immagine nelle sue lenti, le mie mani che iniziavano a sudare e un senso di incredibile leggerezza e poi un missile nel cervello è partito e mi ha portato con lui nel cosmo di una mente ormai aperta, pensieri fluidi senza detriti, colori intensi e pulsanti, ad occhi aperti/ad occhi chiusi, momenti di introspezione e solitudine, il volto ridente e splendente di Eddie in un film psichedelico sugli anni settanta, risalendo la costa della California (I got Sunshine in my head), in una caledoscopica risata marina e poi la nebbia e le nuvole basse a creare scenari zen e nipponici nelle insenature di Big Sur o fra le linee ondulate del paesaggio che mi circondava (Las Alpujarras) - Tomoko preparava tè verde mentre ero seduto nella posizione del loto, respirando e osservando Sebastian pitturare quello stesso blu sfumato di bianco e grigio che riluceva nei suoi occhi, quella malinconia che arrivava insieme alle lunghe onde che separavano Gibilterra da Tangeri e che poi si spingevano fino al cielo, che ci ricopriva con i suoi racconti di monaci silenziosi in attesa del Vuoto che tutto avvolgeva, il diamante del Sutra che rimandava la realtà scomposta in sezioni di azzurra femminile consapevolezza - sarete madri un giorno e avrete quello che ogni donna desidera, ma non sarò io a lasciare crescere i miei figli nei vostri ventri accoglienti - le notti a fumare hashish e bere vino bianco nel caravan di Adrian, le sue storie di droghe e anni perduti e un presente che si tramutava in cenere, canna dopo canna - guardavo le pareti interne di una cabana di legno muoversi e oscillare in maniera sublime e divina, creando disegni e intrecci visivi da contemplare in estatica immobilità, l’acido creava albe di ironia e risate sotto le mie palpebre, poi donava danzanti composizioni pulsanti al mio sguardo - un orgasmo liberatorio fra le fauci di una notte insonne, la pioggia che cade, i ricordi di Bryn y Blodau - continua ad andare avanti fratello mio, disse Marcus accovacciandosi sui talloni e osservando i resti di un fuoco quasi morto, raggiungi te stesso dovunque si trovi - Io sarò lì e lui saprà in un attimo come trovarmi.


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