domenica 17 aprile 2022

It's evolution, baby (2004)

 Esame di teoria e tecnica del linguaggio cinematografico. Mi dirigo verso il  dipartimento di spettacolo, questa volta sono venuto con il tram, che non mi andava di perdere tempo a cercare il parcheggio. Dopo essere sceso alla fermata di piazzale del Verano, sono risalito per via De Lollis, ho girato per piazzale Aldo Moro e poco dopo sono arrivato. Ci sono già un po’ di studenti che gironzolano intorno alle scale antincendio che portano al primo piano del dipartimento, immagino stiano aspettando anche loro che arrivi il professore per l’appello. O che si manifesti sui gradini, ipotesi più plausibile. Attendo l’apparizione, non succede nulla, quindi mi allontano una ventina di minuti per andare a mettermi d’accordo con un amico per una mezzapiotta di fumo, che almeno a qualcosa l’Università serve. Siamo rimasti un pò a parlare, io e il mio amico, lui si è pure rollato uno spino (che mi ha offerto) ma io visto che dovevo sostenere un esame ho rifiutato. Lui era dell’idea che era meglio farsi una canna prima, ti rendeva più sciolto e tranquillo. A me faceva solo venire le paranoie, con la mente che iniziava a vorticare su tutte le cose che non avevo studiato e che sicuramente mi sarebbero state chieste.  Comunque mentre lui fuma gli racconto di questo corso di montaggio con Final Cut che sto seguendo, in cui galvanizzato da un sogno su Ejzenstein ho editato una piccola sequenza di uno spettacolo di Grotowski (Il principe costante) usando come ritmo per gli stacchi fra un’inquadratura e l’altra i colpi della batteria di Smack my bitch up dei Prodigy, (uno in sincrono con una frustata) ma la cosa non sembrava toccarlo minimamente (forse perché lui studiava odontoiatria) e così non ho continuato con quelle che ritenevo le mie geniali intuizioni. Dopo averlo salutato, sono tornato al dipartimento e non c’era più nessuno vicino alle scale antincendio, segno che qualcosa era successo durante la mia assenza, bel coglione, mi son detto, ti sei perso l’appello o l’apparizione del professore. Così vado direttamente nella sua stanza, la porta è aperta, mi affaccio, lui è seduto dietro la scrivania, lo saluto, gli dico come mi chiamo e se, gentilmente, può segnarmi presente. Il professore dà un’occhiata al suo foglio, poi mi guarda un pò accigliato e  mi dice che non sono sulla lista. Merda.

Aperta parentesi. Da quest’anno, il 2004, è cambiato il modo di segnarsi agli esami. Si è passati dalla carta e dalla penna alla ipertecnologica e futuristica iscrizione online. Ebbene si anche La Sapienza si evolve. Ora che internet sta colonizzando tutte le case degli italiani anche gli studenti potranno usufruire dei suoi magici servigi, oltre naturalmente alle gioie quasi ultraterrene della pornografia. It’s evolution, baby, come cantava Eddie Vedder alla fine degli anni novanta. Chiusa parentesi.

Io mi sono segnato online una settima fa, seguendo le istruzioni del sito ma, a quanto pare, non sono sulla lista. Cazzo succede?

Quanto scopro è il seguente. Il professore aveva preso i nomi solo di quelli della triennale, perché quelli della specialistica, per un errore del sito, non erano stati registrati. Io naturalmente sto facendo la specialistica. Allora con un gesto di magnanimità il professore mi segna a penna sul suo foglio. Sono l’ultimo.

Che cazzo lo usano a fare internet se poi sempre le cose a mano si finiscono per fare?

Non lo so, ma qui è meglio non farsi troppe domande.

Passa la mattina, passa l’ora di pranzo, passa il pomeriggio.

Arriva l’ansia, arrivano i rodimenti di culo, arriva la tristezza.

Poi è il mio turno. Entro, mi siedo e il professore mi chiede quale è il programma che porto. Glielo dico e lui si mette a ridere.

Cazzo te ridi, gli vorrei dire.

Mi dice che il programma non va bene, perché è quello della triennale mentre io sono della specialistica, ecco i casini che arrivano, penso, mentre la solita vibrazione di rabbia sta iniziando a farsi strada nello stomaco.

Gli dico che nella sua bacheca c’era un solo programma, quindi ho immaginato che fosse uguale per triennale e specialistica.

E naturalmente ho immaginato male.

La vibrazione allo stomaco da rabbia diventa un ronzio di frustrazione.

Allora gli chiedo se può darmi il programma che devo studiare.

Lui mi dice che adesso non ce l’ha lì con lui e che me lo devo andare a vedere sulla guida dello studente. Ecco che torna alla grande la rabbia nello stomaco, come un esercito al galoppo. Gli dico che sulla guida dello studente c’è scritto di andare a vedere i libri dell’esame della specialistica nella bacheca in dipartimento. E’ un maledetto cane che si morde la coda. Un incubo kafkiano. Allora il professore cerca un pò fra i suoi fogli e niente, non trova quello con il programma e così mi dice di andare in segreteria didattica, che lì sicuramente ce l’avranno. Amen. 

Vado in segreteria didattica, che fortunatamente è ancora aperta vista l’ora, con lo stomaco tutto in subbuglio. Arrivo davanti alla porta e busso. Niente. Ho cominciato anche a sudare per il nervosismo e si è insinuata nella testa la sensazione di trovarmi di nuovo in un trip senza via d’uscita. Busso un’altra volta. Nessuna risposta. Poi vedo la mia mano che apre la porta, anche se il braccio rimane fermo. Sto iniziando a sdoppiarmi, penso. Sono dentro, il mio corpo si è mosso senza che me ne accorgessi. Dietro una scrivania c’è una tizia seduta. Parla al telefono e allo stesso tempo comincia a parlare con me. Anche lei si sta sdoppiando. Ecco che ci siamo, penso. Sto impazzendo.

Finisce la telefonata e torno alla realtà. Quale? Mi chiedo in un attimo di frenesia percettiva. Spiego alla tizia il mio problema e anche lei si mette a cercare il programma della specialistica fra fogli, foglietti e fogliacci vari sulla sua scrivania e non lo trova. Sto quasi per cadere in ginocchio in preda a una crisi mistica. Poi il miracolo! Il foglio appare nelle sue mani. Me lo passa. Ho le dita che mi tremano. Scorro velocemente la lista dei libri per l’esame ed è esattamente uguale a quella con i testi che io ho portato.

Cazzo sta succedendo? Sono in pieno trip un’altra volta.

Torno quasi correndo dal professore. Il cuore palpita e non lo riesco a calmare. So che devo uscire da questo maledetto labirinto psichico. Entro nella sua stanza. Lui se ne sta bello tranquillo a fare le sue cose, mi guarda e mi dice che ha trovato il programma. Doppio miracolo! Già sto accendendo ceri e sento gli angeli cantare in coro. Sul foglio che mi dà lui però ci sono libri diversi da quelli che ho visto in segreteria poco prima. Sto per sgretolarmi. Dal paradiso all’inferno. Di colpo. Il respiro è affannoso. Mi siedo. Sconfitto. Sia quel che sia. Fate di me quello che volete. Il professore mi guarda e poi mi spiega l'arcano, la rincoglionita della segreteria didattica mi aveva dato un’altra volta il programma della triennale e nella fretta di leggerlo non me ne ero accorto.

Chiudo gli occhi un momento, cercando di ricompormi.

Tutto bene, Bertozzi? - fa lui.

Si, si - dico io - Ci mancava solo che mi storpiasse il cognome come ciliegina sulla torta di questa giornata di merda.

Poi mi alzo, raccatto le mie cose, il foglio con i libri da studiare, saluto il professore a mezza bocca e me ne vado. E’ già sera e mentre mi incammino fuori dal dipartimento mentalmente mando a fare in culo lui, la segreteria, la segretaria, l’università, la guida dello studente, internet e me stesso per non sapere come gestire tutte queste piccole  e insignificanti stronzate. Me ne vado verso San Lorenzo, che ho bisogno di una bella birra (o forse più di una) e di distrarmi un pò. E il trip ancora continua.


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