lunedì 4 aprile 2022

Roma #11

 La città mi appariva in uno stato di degrado costante, a Termini, al Pigneto, nelle stradine intorno a Piazza Vittorio. C’era sporcizia lungo le vie e centinaia di arbusti che spuntavano ribelli dal cemento e qualche addetto al decoro urbano si sarebbe dovuto prendere la briga di tagliarli o accudirli. C’era una decadenza umana nei corpi sporchi e sfatti dei miserabili negli angoli delle strade, stesi sui loro cartoni e una ipocrita indolenza nelle mani tese di alcuni stranieri fuori dai supermercati, dalle chiese, dai negozi e mi è venuto da pensare, in un momento di rabbia e lucidità, che non avrei mai più dato spiccioli a nessuno di loro, che fossero sprofondati nella loro disgraziata apatia fino a quando non avessero trovato il coraggio di ribellarsi, di alzarsi, di fare qualcosa. La loro passività mi molestava e mi faceva sentire lontano da qualsiasi forma di solidarietà umana nei loro riguardi. Ero un privilegiato, certo, lo ero sempre stato, ma nel corso degli anni avevo provato ad aiutare gli altri o a mettermi nei loro panni e la vita sempre qui mi riportava, a fare che? Quello che capitava e al momento ero libero di vagare, scrivere, scattare foto. Poi forse sarebbe arrivato il momento di sparire una volta per tutte. E lo avrei fatto. Le prove generali si erano concluse fra Inghilterra, Galles e Spagna ma il momento giusto per la fuga definitiva ancora non era arrivato.

Guardavo con attenzione quelli che avevo intorno, i volti, i gesti, i comportamenti delle persone che mi circondavano erano di una prevedibilità deprimente, avrei adottato tecniche teatrali sovversive per immedesimarmi in qualche personaggio borderline, per poi rompere gli schemi sociali metropolitani (e i coglioni di qualche lurido perbenista), pensavo, stappando un’altra birra. Mi sentivo a metà tra il Gerry de l’Imperatore di Roma e il Cesare di Amore Tossico, anche se non facevo uso di eroina, blateravo fra me e me in romanesco, in pubblico o da solo, provando battute e frasi ad effetto, non ero niente male, la gente era ancora indifferente, però, alle mie performance - Non sapevo bene che cazzo facessero quelli della mia età, probabilmente lavoravano e avevano figli e portavano avanti la Grande Farsa, non so se recitassero bene o male, non che mi importasse, sorridevo quando li incontravo, anche se non li conoscevo e poi li mandavo a fare in culo mentalmente quando mi allontanavo - C’erano un sacco di fiche in giro, giovani puttanelle e vacche più mature, non me ne fregava un cazzo, erano una perdita di tempo, voltavo lo sguardo quando passavano e tiravo dritto, i giorni erano ancora caldi e Roma meravigliosa nel suo abbrutimento, amavo la mia città, forse più di quanto avessi mai creduto. Era una puttana dal cuore grande e la fregna che le puzzava di baccalà, c’erano froci che che mi sorridevano non so bene per quale motivo, che ambiente fantastico per iniziare a farsi di morfina, pensavo, magari in un’appartamento pieno di polvere dalle parti di Piazza Vittorio, aspetta ancora qualche anno, suggeriva con pazienza lo scrittore, poi tutto sarà meravigliosamente possibile.

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