domenica 3 aprile 2022

Se fossi in te (2004)

Se hai problemi di stitichezza di qualsiasi tipo ascolta il mio consiglio. Segnati all'università La Sapienza di Roma e vedrai come tutto nel tuo intestino tornerà ad essere regolare. Non c'è bisogno di preoccuparsi. E’assicurato. Appena il tempo di (non) capire come funzionano le cose e poi vedrai quante belle cacate ti aspettano. Mens sana in corpore sano, dicevano, infatti, gli antichi.
Anche oggi mentre salivo le scale che portavano in facoltà, quella di lettere e filosofia (anche se adesso c’è pure la neonata scienze umanistiche, cioè la mia) ho avuto il mio bel purgantino quotidiano allo stomaco. E' meglio di caffè e sigaretta. Meglio delle prugne. Meglio di qualsiasi lassativo abbiano mai inventato. La strizzone ti viene appena respiri l’aria che tira lì. Come una magia, insomma. O come un riflesso pavloviano, dipende dai punti di vista.

Oggi mi tocca andare al secondo incontro del seminario sul nuovo cinema italiano  (siamo sempre nel 2004) organizzato dall’esimio Ofrìo Calderòn, figura aleatoria che si aggira per l'università come una sorta di entità soprannaturale. Esiste, ma è quasi impossibile vederlo. Ogni tanto appare, un pò come la madonna o i santi. C'è qualcosa di mistico nella sua presenza. Un’aurea dorata e multicolore. E al tempo ancora non avevo iniziato con gli acidi, per intenderci. Giusto qualche canna, di tanto in tanto. I suoi ricevimenti sono come pellegrinaggi. Ore ed ore ad aspettare di poterlo vedere. E che cazzo. Tra un pò pure la cassetta delle offerte ci mettono fuori della porta del suo studio. Lasciamo perdere, va. Perché lo so bene che tipo è, ce ne sono tanti di docenti come lui, che usano l'università per farsi i cazzi loro, per prendere lo stipendio, per farti comprare i libri di testo che hanno scritto, per fare la figura del professore, del barone come li chiamavano una volta, di quello che sa, che c’ha il culo seduto dietro la cattedra e che lì ci rimarrà fino alla fine dei tempi (quanta indignazione, ragasso mio, ndr). Poi del rapporto con gli studenti, dei corsi, dei seminari, degli esami non gliene può fregare di meno. Ci sono le cosiddette ragazze di Calderòn (ragasse, come le chiama lui) che si occupano di questo. Quattro poveracce che prendono il suo posto negli aspetti più noiosi del suo mestiere. Bella la vita nell'università italiana. Se diventate professori di ruolo avete capito tutto. Semplice, semplice. Ma andiamo avanti.

L'incontro è con il regista di un piccolo film simpatico e divertente, Se fossi in te, del 2001, che già suona di più nuovo cinema italiano de La bruttina stagionata, del 1996.  Non un capolavoro, ma neanche una vaccata. Poi il regista è un tipo simpatico che per lo meno riconosce i limiti di quanto ha fatto e non ha la spocchia di presentarsi come chissà quale fenomeno. Lo ascolto sempre dall’ultima fila nella quale mi siedo. Per nascondermi, perché sono timido e non mi piace avere gli altri intorno e soprattutto perché ci sia una distanza di sicurezza fra me e la cattedra, casomai dovessi incazzarmi ancora. Dopo la proiezione ci sono alcune domande e mi piace la modestia con cui risponde il regista, che è una cosa rara e difficile da trovare nelle persone. Sopratutto in chi fa cinema e lo fa in Italia. Che puta caso guadagni un pò di soldi, poi ti credi di essere chissà chi. 

E sono i soldi il problema principale del cinema italiano, almeno credo. Vedete, i produttori sono quelli che hanno la grana e per come funzionano adesso le cose nella maggior parte delle volte sono pure persone che di cinema non ci capiscono un cazzo. Sono imprenditori che investono un pò del loro denaro in "prodotti" chiamati film. Ma che per loro hanno lo stesso valore di un prosciutto, di una linea di vestiti, di concime per terreni. E forse anche meno, a volte. Basta che vendano.

L'altro problema è la televisione, almeno credo. Perché ormai con l'avvento di quelle troiate che si chiamano fiction (fixion, come le pronuncia il buon vecchio Calderòn) la gente non va più al cinema a vedere film. Le persone sono talmente assuefatte alla merda che la televisione le serve, che se vanno in sala la vogliono vedere anche lì. E allora cercano sul grande schermo i volti, le storie e le stronzate che vedono in TV. Solitamente si prende qualche comico dell’ultima stagione televisiva o più attempato (o qualche attore di fixion), gli si mettono un pò di parolacce in bocca, gli si fa girare intorno un pò di fica, si scrive una sceneggiatura di tre pagine, si accende il frullatore e la schifezza che ne esce fuori è il film (di Natale, di Pasqua, di Capodanno, di Santo Stefano) che si spera diventi campione di incassi della stagione.

Questa è la situazione italiana, almeno credo. E con la speranza di riuscire a fare qualcosa (giovane studente idealista e sognatore, ndr), continuo a vedermi film e ad andare all’università, che ormai il fatto di laurearmi è divenuta una lotta personale contro le teste di cazzo che se la comandano all’ateneo (e quando ce vò, ce vò, ndr). E il trip continua. Almeno credo.

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