giovedì 5 febbraio 2015

Ausgang #3


Distese di nuvole in movimento, le donne dormivano ancora nei loro letti, le ciminiere, in lontananza, creavano nubi artificiali, composizioni di fumo, grigie e informi, che si prendevano il cielo, la notte quelle stesse ciminiere diventavano minacciose, oscure presenze, le luci rossastre che lampeggiavano sulla loro sommità, le inquadrature dei palazzi, i riflessi violacei nel buio, lenti ad alta definizione capaci di cogliere l’essenza di una città che si spoglia delle proprie apparenze, nessuno camminava per le strade e dentro i locali, seduti sugli sgabelli, davanti a bicchieri di birra, uomini e donne si seducevano a vicenda, parlando, per noia o per solitudine, fumando sigarette, lei che accavalla le cosce fasciate di nylon, le sue calze velate e le scarpe con il tacco alto, il montaggio dei dettagli, la macchina da presa che scivola lungo quelle linee, verso il basso, l’uomo già sentiva sulle sue dita il contatto delle calze, sempre più calde, mentre la sua mano risaliva all’interno di quella scura promessa, di quel caldo inganno, le labbra della donna si dischiudono, gli occhi diventano più lucidi e grandi, una risata esplode tra i suoi denti perlacei, risuona argentea nella cavità orale, diventa cristallo nel freddo della notte, fuori dal locale si distrugge in frammenti che cadendo sull’asfalto riecheggiano come il suono ipnotico dei suoi tacchi, la donna cammina, veloce, a misurare il suo desiderio, a ricordare agli altri la sua presenza nel mondo.

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