mercoledì 12 ottobre 2016

le alte torri #60


Si aprivano dei passaggi, la notte e ci scivolavo dentro, attraverso pensieri e respiri, arrivavo davanti a porte nere, le oltrepassavo –  una montagna e la sua immagine, una fila di pellegrini camminava, perdendosi oltre i confini delle rocce, l’aria era fredda, risuonavano dei canti, delle preghiere, come echi lontani – la figura di un quadrato, nella mente, le linee erano fatte di sabbia, diversi colori, una mappa geometrica che indicava un percorso da compiere, un modo per camminare nel labirinto psichico e trovare delle vie d’uscita, erano segnati i passaggi, non era spiegato, però, dove portassero - l’immagine diventava sempre più luminosa e si ingrandiva nella vista interiore, arrivava da lontano e seguiva una linea prospettica che ne faceva aumentare le proporzioni, i colori brillavano e la mappa era piena di dettagli, il disegno sembrava a due dimensioni ma più si avvicinava e più la percezione di quelle linee cambiava, si passava ad una terza dimensione e poi, una volta entrati dentro, si annullavano i concetti di spazio e tempo, dovevo imparare a camminare in quei corridoi, entrare nei palazzi, conoscere le misteriose figure umane e demoniache che vi incontravo – nella stanza nera c’era un uomo, si chiamava Krishna, sedemmo su cuscini bianchi, indossavamo tuniche arancioni e i nostri crani erano rasati, aveva una campana tibetana in mezzo alle gambe incrociate nella posizione del loto, mi sedetti nello stesso modo, la stanza era buia, c’erano alcune candele accese che mandavano una luce debole e antica, Krishna iniziò a muovere un corto cilindro di legno intorno alla campana, prese forma nell’oscurità un suono circolare, lo sentivo vibrare, chiusi gli occhi, il suono divenne più intenso, il mandala si formò nella mente, lontano, quasi impercettibile, si avvicinò, il suono continuava, ripetitivo, ipnotico, il mandala divenne più grande, dettagliato, entrammo dentro, io e lui, Krishna ripeteva a bassa voce dei mantra, quei suoni erano un modo per spiegarmi il funzionamento di quella realtà, la comprensione avveniva in maniera intuitiva, non eravamo più su un piano razionale, c’erano solo immagini, ritmi, aperture, chiusure e incontri.


Camminavo sotto gli archi, mi fermai davanti ad una bancarella che vendeva libri usati, ne presi uno, lo aprii, dentro c’era il negativo di una pellicola fotografica, lo guardai in controluce, c’erano impressi sopra i volti di tre persone, misi il negativo nella tasca, sentii il suono circolare di una campana, mi girai e tornai nel mio quartiere.

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