lunedì 10 aprile 2017

Malaga #1

C’erano delle ombre, da qualche parte, di quando eravamo ragazzi e la pioggia attraverso le palme e le strade lucide, quadri e statue disposti senza logiche apparenti in uno spazio di oscurità e lampade, divani improvvisati sui quali sedersi, il rum e la menta in bicchieri ghiacciati e le linee del porto, in lontananza, ennesime prospettive inventate dallo sguardo. E la costante sensazione di vivere in un sogno, i piatti tailandesi, le indicazioni dei treni, connessioni interrotte e le parole dei miei genitori, discorsi perduti poco prima dell’alba, i rumori della città, ovattati e plastici, fortezze di cemento come dimostrazioni di battaglie urbane. Diversi linguaggi che si mescolavano nella mente, confusioni semantiche, qualcuno disegnava svastiche sui muri in rovina, le immagini delle corone di spine, i volti sanguinanti, le donne vestite di nero, le processioni e i lunghi cappucci simili a spilli di inferno. Litanie e sudore e ancora frasi che simulavano strutture sintattiche sempre sul punto di crollare, mappe di dialoghi informi, cambiavamo continuamente direzione. Il tempo ruotava in piani circolari, ritornavano le antiche paure, qualcosa si nascondeva nel buio e non sapevi più quando e dove ti eri addormentato, le voci si erano fatte più distanti e potevi trasformare i respiri in sfere di silenzio, galleggiavi nel vuoto, sospeso sopra i tramonti del pensiero, sfumature e colori, continue fughe, barriere invisibili, il momento del decollo, dettagli e visioni, il mondo che cambia, occhi socchiusi e profondità di azzurro che diventano cobalto oltre la vista.


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