domenica 11 aprile 2021

freewheelin' #55

C’erano tante case in vendita nel pueblo, alcune abbandonate da anni, altre perdute nella memoria, che nascondevano storie mai narrate, scritte sui muri, nella polvere, nei perimetri sbiaditi di legami familiari smarriti, negli echi di dialoghi e mute dichiarazioni d’amore.

Letti sfatti, porte sfondate, lenzuola strappate, coiti ammuffiti, ragnatele di pensieri inesistenti, cronache del secolo passato, di ciò che ne è rimasto, lapidi funerarie, cipressi ai lati della strada che portava al camposanto, le processioni, gli idioti sulle sedie a rotelle, le preghiere, le croci, la bava alla bocca, le fotografie che ritraggono i morti, la lenta agonia delle stagioni svanite, mosaici di una malinconia infinita, piastrelle distrutte di cessi intasati, ragazzi che si masturbano in fila, i giornali pornografici sotto la maglietta, schizzi di sborra a pitturare le pareti avide dei segreti di adolescenti arrapati, una donna in divisa che li chiama uno ad uno, osserva le erezioni, decide chi avrà diritto a un orgasmo e chi dovrà ancora aspettare una settimana nell’agonia delle sue tentazioni, la stanza della castità forzata, le dottoresse con le gonne corte e le calze velate, mentre ti mostrano i loro piedi, lasciandoti in uno stato di costante e pulsante frustrazione - Non seguire le direzioni erotiche di queste fantasie, di queste ossessioni, interruzioni visive nello spazio millimetrico fra un’immagine feticistica e un’altra - Poi tornava la luce e io dimenticavo come ero arrivato fino a qui, pioveva e il cuore era gelido, le puttane scendevano in strada, i loro protettori fumavano sigari nel caldo di un locale di sorrisi stagnanti, la cena era servita in una camera piena di fumo e specchi in frantumi, aspettavamo che arrivasse il nostro turno, per varcare la soglia e inginocchiarci di nuovo.

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