giovedì 1 aprile 2021

Verso Nord (2004)

Stacco dal turno alla pompa di benzina verso le sette di sera. Oggi è giorno di paga e il capoccia, dopo che mi sono cambiato, mi allunga l’assegno settimanale. 

Questi quattro soldi di merda per pagarmi l’affitto e da mangiare.

Questi quattro soldi di merda per campare.

Mentre mi allaccio la giacca pesante e alzo lo sguardo verso il cielo, i colori sono già più tenui e sento la notte avanzare.

Mentre mi allaccio la giacca pesante pesco una sigaretta dal pacchetto e l’accendo.

Intorno a me la Città.

Lampioni che prendono vita, una brezza che si alza da nord, persone che battono i piedi alla fermata di un autobus.

Oggi ho visto alcuni ragazzi passarsi un giornaletto porno e una bottiglia di whisky.

Avranno avuto quattordici anni.

Ridevano, sembravano felici.

Avrei voluto essere uno di loro.

Mentre riempivo di benzina un’ennesima anonima macchina.

Mentre con la voce bassa salutavo l’ennesimo anonimo volto.

Mi fermo in un supermercato per comprare una confezione da sei di birra.

Poi con la busta in mano e la giacca chiusa mi incammino verso la mia stanza.

Un’altra settimana di merda è finita.

Non ho amici con cui stare, donne a farmi compagnia, allegria da spartire.

Ho me stesso.

Il mio universo.

Ho tutto quello di cui non ho bisogno.

Me stesso.


Aprendo la porta della mia stanza mi accorgo di quanto faccia schifo il posto dove vivo.

Sparsa per il pavimento c’è la biancheria di un’intera settimana.

Sparsi per il pavimento ci sono i resti delle sbronze di almeno una settimana.

Cadaveri vuoti e tristi.

Mi butto sul letto senza neanche levarmi la giacca.

Ultimamente non ho pagato il riscaldamento e dentro la stanza fa un freddo boia.

Stappo una lattina e accendo una sigaretta.

Mi avvicino alla finestra.

Secondo piano su una strada.

Guardo di fuori.

La notte si è impossessata della città.

Ancora lampioni.

Poche persone.

Mi soffermo sui fari delle macchine.

Sembra che almeno loro abbiano un posto dove andare.

O qualcosa da illuminare.

Butto la cicca.

Apro la seconda lattina e continuo a guardare fuori.

Respiro l’aria fredda.

Accendo un’altra sigaretta.

Penso al Grande Nord.

Ai boschi e ai laghi e agli alberi sempreverdi.

Penso ad un viaggio verso quelle terre.

Un viaggio in autostop.

Invece di questi quattro soldi di merda per campare.

Di questa gabbia, di questa prigione.

Butto la cicca.

Poi apro un’altra lattina e così siamo a tre.

Apro l’armadio.

Trovo la valigia e la poggio sul letto.

La apro.

Prendo i miei pochi vestiti e ce li infilo dentro.

Prendo le mie povere cose e ce le infilo dentro.

Un paio di libri in versione economica.

La roba per il bagno.

Un paio di quaderni dove appunto i miei pensieri.

Poi guardo l’assegno.

Quanta miseria.

Quanta miseria per tutto il tempo in cui ho dovuto lavorare senza che me ne fregasse un cazzo.

Chiudo la valigia, poi la porta della stanza.

Poi sono per strada.

Sono per strada.

Mi incammino di nuovo verso nord.

Il Grande Nord.

Guardando le stelle.

Sperando che mi indichino una direzione.

Poi sono sul bordo di una strada abbastanza trafficata.

Soprattutto camion e macchine.

Cammino sul bordo della striscia bianca fino alla prima stazione di rifornimento.

Mi avvicino ad un camionista.

Parlottiamo.

Guardo di nuovo le stelle.

Una brilla più delle altre.

Deve essere la mia stella fortunata.

Il camionista mi dice che per un pezzo di strada potrò viaggiare con lui.

Poi è solo buio e velocità e due coni di luce che illuminano la strada.

Mi stringo ancora di più nella giacca.

E di questo nulla che chiamiamo vita non rimane altro che asfalto e una tristezza nel cuore alla quale non ho mai saputo dare un nome.

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