giovedì 6 gennaio 2022

Orgiva #68

 Il cerchio si stava per chiudere di nuovo e i punti (in)stabili della sua metafisica circonferenza sembravano andare a formare una perfetta sfera di assoluta follia, certo che l’alcol non aiutava, mia cara amica, a mantenere la calma e avevo dato fuori di testa a casa, durante il trasloco, con un attacco, una esplosione di rabbia che aveva trasceso la mia stessa persona, trasformandomi nell’altro, quello che sempre si era incazzato al mio posto, ormai libero di improvvisare la sua bestiale insofferenza egoistica, non so, non so se c’erano maniere (barriere?) per proteggersi, per non ferirsi in questo tipo di lotta (o forse era solo un masochistico gioco dalle atroci conseguenze?),  sapevo però che non ci sarebbero stati sopravvissuti, era una guerra omicida, una faida di istinti e pulsioni inconciliabili, i muri della casa erano diventati più stretti, mi sembrava quasi di soffocare, i dialoghi si erano fatti incendiari e neanche mi ricordavo cosa avessi detto, sentivo solo il sangue pulsarmi dentro ovunque, la miseria e la cattiveria di certe rispettive battute era stata orribile, non so chi fosse lo sceneggiatore, chi avesse scritto il copione, probabilmente qualche scrittore malato di mente e alcolizzato ossessionato dalla tossicità dei rapporti di coppia, non so che cazzo ci facessi qui, fra queste persone, mi sembrava l’ora giusta per sbaraccare un’altra volta, zaino in spalla e nemmeno un saluto.


E poi bastava scendere al Chico Bar e mettersi a scrivere, cerveza al fianco e la quiete che tornava nel mio cuore e la luce, quella luce dorata, sospesa, nella nuova casa di Sara e il tempo che rallentava al suo interno e quella sensazione dolce e dolente di quando vedevi qualcuno o qualcosa e sapevi che lo stavi facendo per l’ultima volta e tutti i giorni che hanno preteso il loro prezzo, il loro tributo di sofferenza solo perché eravamo vivi e non potevamo fare altro che esistere e poi i sorrisi e i momenti di splendente allegria, negli occhi, sulle labbra, mi ricordo i tuoi brillare, farsi più profondi ogni volta che ti ho vista felice mentre salivo e scendevo da questa giostra delle emozioni con il desiderio in fondo all’anima di andarmene, un giorno, a fare in culo per sempre.


E c’era Vanessa davanti a me, a bere birra, in un incontro che i sogni esigevano e Tim e Scott a parlare seduti a un tavolo di pietra, chissà di cosa, musica, droghe, terra, si, terra, una parte di Cigarrones era in vendita, chi l’avrebbe comprata? O forse parlavano di tutto quello che non riuscivo a capire e che non bastavano gli sguardi a spiegare, ad esprimere e poi ho visto Frasco che risaliva verso la sua casa, ultimo cowboy di questo pueblo (il progetto di un western acido con i desperados locali era ancora in un angolo della mente) - C’era un biglietto di sola andata verso il nulla ed era un viaggio che ci attendeva a tutti quanti, lo avrei fatto da solo, non avevamo compagni in questa ultima fuga, avrei oltrepassato lo specchio e le illusioni di questo mondo che ingoia e divora le nostre speranze trasformandole in debolezze, dolce puttana che ridi con la faccia e la gola inondate di sborra, imparerai ad amare anche queste umiliazioni perché la tua anima è pura e le tue gambe un tempio di tentazioni proibite.


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