venerdì 28 gennaio 2022

senza titolo

 A volte speravo veramente che le cose finissero, così come erano, così come non sarebbero mai state e che tutto continuasse solo dentro di me, nella quiete del cuore a occhi chiusi, durante la notte, nelle ore in cui la luce non era altro che un pallido ricordo, prima di ogni erezione, di ogni desiderio, non c’erano posti adatti per me in questa vita, lo sapevo, lo avevo sempre saputo e la totale rassegnazione  a questa verità mi dava il coraggio di andare avanti, perché non c’era più nessun luogo dove volessi arrivare, c’erano i respiri e il vuoto e la meraviglia al loro interno, quella di essere vivo e niente più, fuori era una disfatta continua e io non avevo la voglia di ingannarmi ancora, era solo un’attesa per nulla che sarebbe rimasto, lo sapevano i vecchi, lo sapevano nel loro rifugiarsi su una sedia solitaria, al sole o in quello che dei giorni restava, erano i ricordi, quelli che venivano e i volti degli amici scomparsi e gli echi delle risate in macchina e poi fugaci immagini e odori e voci che non ascolteremo mai più.

E la stanchezza, quella di guardarmi intorno senza che ci fosse niente che mi interessasse sul serio e i film pornografici della mente e le stanze segrete e gli incontri proibiti e una tristezza soffocata nella gola, che non volevo confessare, che avrei tenuta nascosta in quello spazio ingannevole di parole impossibili da pronunciare, chiedersi come eravamo giunti fino a qui significava ammettere che non c’eravamo mai mossi, erano gli scenari, le quinte a cambiare ma ogni cosa era assolutamente la stessa, un fiore, una nuvola, un albero, un sorriso, una lacrima, un livido viola sul tuo volto insonne e poi le panchine del nostro abbandono in parchi di fuggevoli bugie, palpebre sottili, ormai di carta, il tuo corpo addormentato in mattine che assomigliavano a una splendente sconfitta, il tuo amore come un atto di resa, una mano che ti indichi il cammino, un’altra che afferri la tua, quando sarai solo e i tuoi passi saranno come le orme di uno sconosciuto, con i tuoi stessi occhi e il tuo stesso dolore.

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