domenica 19 giugno 2016

homesick #48

Ghigni nella notte, affilati sulle bocche, sigarette attaccate, labbra viola, tremiti ed astinenza – i ragazzi arabi tirano cocaina come se niente fosse, davanti a tutti, davanti ai giovani africani seduti per terra, tristi e silenziosi, la musica a basso volume, la nostalgia è tutto quello che possiedono – risate ed urla, i miserabili stesi sulle panchine, denti marci e vestiti sporchi, un dolore ancora più grande divora le loro anime, il viaggio verso il fondo non è servito, non li ha portati da nessuna parte, sono ancora lì, nello stesso identico luogo da cui credevano di essere partiti, girano in tondo, seguendo la ruota, i loro bisogni li tradiscono, non c’è libertà nei loro gesti, nelle loro parole, rimangono dei vigliacchi, a loro modo, come tutti quanti.

Scene di spaccio, sostanze e soldi che passano di mano in mano, pasticche colorate, i bambini vogliono divertirsi e se hanno i contanti in tasca il gioco è fatto, si sale, si scende, si sprofonda, si riemerge, si vola, si atterra, ci si schianta al suolo, ci si trasforma, si perde il tempo, si perde lo spazio, non si arriva da nessuna parte e il trucco ricomincia.

Seduto in silenzio, bevo una birra e osservo, una ragazza russa mi si siede vicino, rolla una canna, le presto da accendere, lei fa con calma, parlando al suo amico - quando finisce mi ripassa l’accendino, si alza, il suo culo davanti alla mia faccia, lo guardo, è tutto quello che posso vedere di lei, mentre parla con qualcuno - le immagini che vengono proiettate su questo schermo vorrebbero la mia mano su quel culo, il regista vorrebbe che mi alzassi e le facessi sentire la mia presenza, da dietro - invece decido di andarmene e scomparire nel buio.


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