lunedì 20 giugno 2016

homesick #49

Si era persa la luce, nelle scopate o in quello che ne rimaneva, ce ne dovevano essere ancora di scintille, su qualche pavimento illuminato dal sole della mattina, nei miei ventanni, quando erano sparse da per tutto, sui tuoi capelli, nei tuoi occhi, in ogni millimetro della tua pelle. Adesso c’era un vuoto e una stanchezza e polvere e delle nuvole che lasciavano filtrare poca meraviglia, i gesti si ripetevano, scritti da altri, imprigionati in azioni che non capivo ma che il mio corpo sembrava obbligato a fare. Neanche il respiro, neanche il calore, neanche le dita che scivolavano su linee e colori sembravano distrarmi da una consapevolezza - quello che era stato infranto non sarebbe più stato uguale a prima, avevo sempre pensato che era la cosa migliore da fare, distruggere la propria vita, quando veniva il momento, per poi ricostruirla. Ma rimanevano dei resti che non mi abbandonavano e io non sapevo dove metterli, erano acuti, spigolosi e facevano male.

Nella casa i ragazzi ridevano, sotto l’effetto di qualche sostanza,  Lorenzo mandava giù di tutto, speed, md, ketamina, la musica tekno rimbombava sulle pareti, ritmi infernali, arresti cardiaci sonori, pulsazioni incontrollate – stati d’ansia, brividi, mani e piedi freddi, la chimica aveva i suoi tempi e i suoi modi d’agire, un corpo giovane rispondeva bene, il limite era ancora lontano ma una volta trovato e oltrepassato quel confine sarebbero stati cazzi amari.

Alcune donne continuavano a rimanere incinta, mi chiedevo sempre come succedesse la cosa, se la programmavano, se la decidevano insieme al proprio partner, se accadeva senza pensarci, se era una gioia, se era un errore. Mi sentivo sempre più lontano, distante, in fuga da tutto questo, non volevo più avere rapporti codificati da qualche regola, da qualche definizione, non volevo più essere un fidanzato, un compagno, un amico, un amante, un marito, non volevo essere più nulla, nulla di stabilito.

Lou Reed aveva una voce così dolce mentre pensava agli occhi azzurri di qualcuno, quella dolcezza la capisco ancora, la provo, la sento dentro di me, la notte, quando sono sveglio nel letto vuoto, minuti sospesi, in cui mi sei vicina, in cui ti sento parte di me, come potrò mai spiegare questa sensazione, questo modo di amare – che non esistono distanze, che in un luogo misterioso e invisibile noi siamo ancora la stessa splendida essenza.


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