Apocalissi
di un’alba alcolica, la luce che distrugge le ultime difese del buio, le rovine
ovunque, lungo le strade, fra gli edifici abbandonati, nei volti deformi disegnati
sulle pareti di mattoni. Un barbone addormentato nelle sue luride coperte, il
suo viso angelico, i mozziconi di canna trovati per strada e fumati, birra e
sidro in lattina, mi perdevo nella folla, di nuovo un’ombra, un’immagine che le
superfici di vetro rimandavano come il mio doppio onirico, un vagabondo, la barba
lunga, i capelli scomposti, i vestiti macchiati, gli altri miserabili mi
salutavano, c’erano degli sguardi d’intesa, mi riconoscevano come uno di loro,
ancora all’inizio della Grande Discesa.
Le
forme architettoniche apparivano e scomparivano scivolando lungo la mia
visuale, come quinte scorrevoli che mani invisibili spingevano per un mio
personale teatro psichico, i personaggi posizionati nello spazio, pronti a
recitare le loro battute, le maschere tragiche che anni di vita di strada
avevano creato sui loro volti. La notte vagavo lungo i canali, ubriaco, la
pioggia che batteva sulla giacca impermeabile, seguendo le direzioni improvvise
di un’allucinazione diafana.
Il
mio cazzo fra le labbra di una ragazza orientale, le ho inondato la bocca di
sborra e lei è rimasta così, per alcuni secondi, quasi stupita, poi, senza
neanche perderne una goccia si è fatta uscire fuori la cappella dalle labbra,
ha preso un fazzoletto e ci ha fatto colare la sborra dentro, era educata e
simpatica e abbiamo riso mentre continuava a massaggiarmi senza avere nessuna
idea di quello che stava facendo, aveva delle belle tette e le ho leccato i
capezzoli, aveva un sorriso caldo e familiare e le ho dato sessanta sterline
per farmelo succhiare ed era così tanto tempo che non mi facevano un pompino che
sono venuto quasi subito, poi, per le strade, ho pensato a una poesia del
vecchio Hank, quando era stato con una dolce ragazza messicana in un bordello
fra i vicoli di Tijuana e poi ho pensato alle mie amiche, a tutte le parole che
gli avevo detto e scritto, mi avevano accompagnato per alcuni periodi della mia
vita, cambiando volto ed età, mi chiedevo perché fosse così difficile farsi
succhiare il cazzo da loro, forse non avevo mai avuto il coraggio di
chiederglielo, mi sarebbe piaciuto ricevere un pompino come un segno di
affetto, un regalo, una sorpresa, mi chiedevo perché con i soldi tutto
diventasse più facile o forse ad alcune ragazze piaceva veramente fare i
bocchini, essere pagate per farli e alla fine era solo parte del solito gioco
tra uomini e donne.
C’erano
nuvole nel cielo e pensieri invisibili nelle menti delle persone che
attraversavano le strade, davo nuove possibilità alle storie raccolte in un
libro nero, le vetrate di un’enorme biblioteca del futuro, guardavo avanti, creazione
e distruzione, solo un attimo di equilibrio prima che le macerie tornassero a
sedurmi.
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