mercoledì 16 novembre 2016

Miguel Bosé, un bicchierino di rum e un nuovo figlio in arrivo (2008)



Ero seduto sulla poltrona del salotto, un bicchierino di rum in mano, a guardare la televisione. Trasmettevano un programma di musica, non che lo vedessi veramente, serviva per tenere il cervello in pausa, incanalato nel flusso delle immagini. Solo così diventava mansueto e docile. Malleabile. Lo stomaco digeriva lentamente la cena e ogni tanto, quando un accordo era abbastanza potente o il rullante della batteria saliva di rumore, mollavo una piccola scoreggia liberatoria, poi, soddisfatto, davo un altro sorsetto al rum e continuavo a guardare le bocche cantare e le mani suonare. Non ne capivo tanto di musica, però le canzoni che passavano sullo schermo non mi sembravano granché, molti nomi di gruppi o cantanti mi sfuggivano, il mio tempo era andato, le mode erano ormai altre, i gusti musicali diversi, rispetto a quelli di quando ero giovane.
Arrivò Miguel Bosé, sapevo che Carla, mia moglie, lo adorava, la chiamai dalla cucina, sentivo il suo piccolo televisore blaterare di risate e premi (stava vedendo un  altro canale) e le dissi di venire.
-        Carla, c’è Miguel, vieni.
-        Arrivo amore.
Aveva dei bigodini in testa e le maniche della camicetta arrotolate. Si vedeva che stava stirando e domani sarebbe andata a fare compere con una sua amica ad un centro commerciale, per questo si era fatta i capelli. Si sedette sulla poltrona accanto al televisore.
-        Vuoi qualcosa da bere?
-        Madonna come si è invecchiato, me lo ricordo a metà degli anni ottanta, tutto biondo, quanto mi piaceva.
-        Un goccio di Bayles?
-        A me e alla mia amica, Loredana, piaceva da morire, avevamo le foto, i dischi, tutto il resto. Te la ricordi Loredana?

Me la ricordavo benissimo l’amica di mia moglie, ero riuscito pure a scoparmela durante una vacanza che avevamo fatto una decina di anni fa. Era l’estate prima che nascesse Luca. L’ultima estate di libertà. Dopo Luca era venuta Martina, a due anni di distanza. Entrambe le volte Carla me l’aveva detto così, all’improvviso. Come una notizia che andava data, senza particolari inclinazioni della voce, aspettando una mia reazione, cercando di capire come mi sarei comportato.
La prima volta era successo a tavola, di sera, davanti alla televisione, c’era un gioco a premi. Stavo stappando una Peroni. Sono incinta. Avevo versato la birra nel bicchiere. Una signora di Treviso stava per vincere duecento milioni di lire. Sono incinta, aveva ripetuto. Avevo distolto lo sguardo dalla televisione. Lei si era seduta, composta, mi guardava e aspettava una mia reazione. Avevo bevuto la Peroni – E’ una notizia stupenda, davvero.
-        Sei contento?
-        Certo amore, ma non me lo aspettavo.
-        Nemmeno io, è successo.
-        Già.
Avevo versato un altro bicchiere di birra, la signora di Treviso aveva perso, Carla mi aveva messo una doppia razione di mozzarella in carrozza, avevo fatto un piccolo rutto, avevo cambiato canale e poi avevo iniziato a mangiare. La seconda volta, invece che a cena, me l’aveva detto a pranzo. Invece della birra bevevo vino e invece del gioco a premi c’era il telegiornale. Le nostre frasi erano state le stesse.

-        Allora, Loredana, te la ricordi?
-        Certo amore che me la ricordo, è parecchio che non la vediamo, come sta?
-        Ma guarda che borse sotto gli occhi –  Carla stava indicando l’immagine di Miguel Bosè - è proprio vero che il tempo passa per tutti. Non è così, tesoro?
-        Si amore. La vuoi qualcosa da bere?
-        Bella questa canzone, che me lo trovi il cd? Magari da qualche tuo amico in ufficio. Senti io vado a finire di stirare.
Se ne era tornata in cucina e io mi ero versato un altro bicchierino di rum. E così una settimana fa mi aveva dato l’ennesima notizia di gravidanza. E così ne doveva arrivare un altro. E questo voleva dire spese e dottori e pannolini e alzarsi la notte e almeno un paio di vacanze del cazzo in qualche albergo per vecchi e famiglie e poi la scuola e gli altri genitori e i vestiti e i giocattoli e tutta una serie di impegni di cui non me ne fregava niente, come non me ne era fregato niente per quelli degli altri due. Certo, era bello quando ti venivano vicino o ti si addormentavano in braccio, quando ti guardavano con quegli occhi carichi di amore. Ma non potevo negare che fosse più bello starsene a scopare con una bella troia o andare un fine settimana fuori con gli amici a bere e a raccontarsi cazzate. Era più bello starsene per conto proprio su una  spiaggia, a mangiare, prendere il sole e ruttare, senza quelle continue richieste e quei fastidiosi gridolini.

Adesso Luca e Martina dormivano, domani saremmo andati a pranzo dai genitori di Carla, un’altra domenica inutile che avrei affrontato mangiando e ubriacandomi per poi crollare su una poltrona, davanti alla partita che il padre di Carla avrebbe messo sul decoder e con Luca e Martina che se ne sarebbero stati a giocare sul terrazzo.

E così, come per le altre volte, davanti alla televisione Carla mi aveva dato la notizia.

Sono incinta – mi aveva detto.
- Ma è meraviglioso amore.
Sembrava sollevata.
Ci eravamo abbracciati.
Con l’occhio avevo guardato di sfuggita lo schermo della televisione. Le veline ballavano. Il loro culo sembrava carico di dolci promesse.



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