sabato 11 marzo 2017

Bryn Rhyg #5



Zoe aveva riportato un suo quadro a Ken, perché non era soddisfatta della cornice che lui le aveva fatto, i colori sulla tela potevano essere quelli dell’alba, su una spiaggia, erano solo intuizioni cromatiche, perché quelle sfumature erano capaci di esprimere o rappresentare qualsiasi cosa, un paesaggio interiore, gli ultimi bagliori di uno stato d’animo che stava per scomparire, inghiottito da una sensibilità incapace di dominarsi – i capelli di Zoe sembravano brillare, il sole che scendeva dietro la sua testa, lo scrittore cercava un contatto visivo ma lei giocava con il tramonto, lasciando che i contorni della sua figura splendessero, creatura psichedelica, aveva cantato una sua canzone, qualche sera prima, intorno ad un tavolo, suonando la chitarra, lo scrittore aveva ascoltato ad occhi chiusi, il corpo di Zoe assumeva strane posizioni oltre i bordi dei suoi dipinti, c’erano amanti che la aspettavano da qualche parte? Dovevano per forza esserci, nascosti nelle loro vite, pronti a strapparsi dal volto la maschera dietro la quale sapevano di essere liberi di fare ciò che volevano, perché le vere pulsioni spaventavano e una volta che i nostri volti avessero finito i loro inganni di sorrisi e fughe sarebbero rimaste solo due immagini speculari, una davanti all’altra, non ci voleva molto a riconoscersi, lo scrittore avrebbe voluto accarezzare quei capelli, sentirne l’odore, lo scrittore non ricordava bene l’ultima volta che aveva dormito con una donna - non finivamo mai di pagare quello di cui avevamo gioito eppure c’erano anche così tanti doni, possibilità inaspettate, felicità ed estasi improvvise. Prima di andarsene Zoe si era avvicinata allo scrittore e lui le aveva dato un bacio su una guancia, scintille negli occhi, riflessi di luce morente, i piccoli vestiti di una figlia che non avevo mai avuto, i suoi sorrisi prima di addormentarsi, qualcuno avrebbe mai stretto le mie dita solo per farsi accompagnare lungo i sentieri del mondo?

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