La neve che ricopriva le strade, i fuochi nei bidoni, i cani che fiutavano l’aria. Intrappolati dentro cappotti troppo grandi i bambini scappavano dall’orrore, i loro occhi avrebbero visto l’abisso, la morte e la follia che si contendevano il declino della razza umana. La notte di Norimberga. Le braccia tese. Piramidi di luce e libri in fiamme. Oceaniche adunate. Lo sciamano che galvanizza le folle. I gesti, il delirio, la voce roca. La massa e il corpo. Il saluto. I tumulti del cuore.
In un bordello poco lontano dalla stazione avevo conosciuto
puttane di tutte le età, alcune molto giovani, bellissime, dai capelli color
del grano, dagli occhi di pura acqua. Cercavo protezione nei loro corpi, sotto
la loro pelle, nelle profondità del loro essere. Mi sentivo a casa tra le loro
braccia.
I vortici di neve, il vento che penetrava le ciglia, gli squarci
d’amore tra le fitte nebbie, l’odore del ferro battuto, i rumori delle
esplosioni in lontananza, la campagna grigia, la sterminata vastità
dell’universo, la quiete del marmo funebre, gli angeli immobili, la grazia
delle ballerine, i bicchieri d’assenzio, una Venere in pelliccia, le fruste e i
tacchi, il pallore di una bambina, il carbone finito, lo scricchiolio del
legno, i fiori calpestati dai soldati, un cappotto rosso, le pire funerarie,
l'odore della carne bruciata, l’abominio senza nome.
La guardavo salire le scale con il suo prossimo cliente. Si girò
per un attimo e mi sorrise.
L’amore andava dimenticato.
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