martedì 14 marzo 2017

dream #58



Sono con altre persone in un parcheggio all’aperto, non ci sono molte macchine, è giorno e un uomo sta parlando, spiegandoci alcune cose, poi con un gesto della mano indica degli edifici in lontananza, spazi urbani semi abbandonati, poi ci parla di Charlie Parker e del suo modo di fare jazz, gli dico che anche Jack Kerouac si era ispirato a lui per la sua prosa spontanea e torrenziale, come una cascata di note improvvisate, qualcuno aggiunge che Kerouac era stato tutto il tempo sotto gli effetti della benzedrina quando aveva scritto On The Road, concordo, poi camminiamo lungo delle reti metalliche, terra battuta al posto dell’asfalto, non ci sono rumori, fotografie mentali di alcune città americane negli anni settanta – sono in una grande stanza con Maria, stiamo parlando distesi su un letto, durante la notte arrivano un paio di persone con delle valigie, il rumore di una macchina parcheggiata all’esterno, un indefinibile senso di attesa – sono su un terrazzo e guardo il mare infrangersi contro le rocce, è di un blu intenso e ci sono minuscole figure di persone che nuotano nell’acqua, un gigantesco pesce che si muove tra le onde – Teresa invita mio padre a ballare, lui la prende per i fianchi e fanno alcuni passi, poi si siede e lei si avvicina per chiedermi qualcosa, ci guardiamo negli occhi, poi lei prende una chitarra e inizia a suonare – un uomo con un cappello bianco da cowboy in testa, seduto nella cucina della casa dei miei nonni in campagna, il suo nome è Saintmaker, è un fotografo – un edificio dalla forma di torre, lo guardo dal basso, dalla strada, poi sono dentro le sue stanze e ci sono strani uomini e misteriosi incontri e camere proibite e visioni di morte e atrocità e colori nitidi e intensi e fughe e sparizioni e ancora intere città che si costruiscono da sole per poi dissolversi come miraggi fra i bagliori dell’aurora.

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