lunedì 27 marzo 2017

Tan y Graig #4

Apri la porta di casa giusto per essere sicuro che il mondo esista ancora dopo la notte, le pareti della stanza avevano strane proporzioni e non ricordavi dove eri stato, una volta oltrepassata la barriera del sonno c’erano stati incontri e camere e corridoi, volti e parole e fughe – il cane guardava un piccolo bastoncino di legno in attesa che qualcuno lo afferrasse e lo tirasse, una mano invisibile poteva essere una divinità, gli uomini erano nudi e mangiavano piccoli funghi, i corpi si muovevano simili a scimmie e c’erano enormi disegni fallici sulle pareti della caverna, illuminati dalle lingue del fuoco, discorsi che oscillavano nell’aria trasformandosi in spirali di fumo, altra legna e altri canti, i membri eretti e le loro immagini speculari, nuove forme ibride di sessualità primitive, i volti nascosti nelle pietre che ti guardavano incuriositi – dentro gli armadi e nei cassetti potevi trovare antichi e misteriosi oggetti, strumenti meccanici di precisione, camere oscure, cannocchiali che misuravano la distanza dello sguardo dalla luna, i vestiti nascosti dentro i bauli, perché il tempo della gioia e della felicità era finito e rimanevano solo le tue dita, ormai invecchiate, che accarezzavano quei tessuti, i corpi stretti durante i balli e i desideri della giovinezza, l’avevamo anche trovato il modo di amarci ma non potevo negare a me stesso il sogno di lasciare ogni cosa per non ritrovarla mai più, c’era il dolore ad attenderci, sotto il lampione e la pioggia, lo sguardo impenetrabile e le sostanze dentro la tasca segreta del cappotto, arrivavi sempre tremando, sperando che lui ci fosse e se non fosse stato lui sarebbe stato un altro, la ruota continuava a girare e gli schiavi a spingerla, avevi vissuto questa vita e quella precedente e ancora non riuscivi a liberartene, gli errori si attardavano sui gradini luridi di una chiesa, prima pregare e poi masturbarsi, in modo che il peccato sia colpa e redenzione, una serie interminabile di piccoli rituali, gesti, giochi mentali, ogni volta da capo, ogni nuova stazione, ogni nuova partenza, i tuoi occhi erano stanchi e il volto segnato, avevi scritto e dimenticato, i battiti del cuore, i risvegli nel buio senza il tuo corpo da abbracciare, le lacrime le guardavi ancora, rigare il volto nello specchio, sarebbe mai finita questa tristezza? I giorni e le bottiglie vuote, prendimi per mano, ancora una volta, che non lo possiamo mai sapere quando arriverà quell’ultima donna a chiuderci gli occhi con un bacio.


Nessun commento:

Posta un commento

freewheelin' #82

  Le notti diventavano più brevi e il sonno si popolava di sogni e fra le loro storie c’eri anche tu, il tuo volto e il tuo corpo ma non i t...