martedì 1 settembre 2015

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E' difficile immaginare un essere più cretino, più aggressivo, più insopportabile e odioso di un preadolescente, soprattutto quando sia in compagnia di altri maschi della sua età. Il preadolescente è un mostro e un imbecille, il suo conformismo è quasi incredibile; il preadolescente sembra la cristallizzazione improvvisa, malefica (e imprevedibile, se si pensa al bambino adorabile da cui deriva) di ciò che c'è di peggio nell'uomo. Come si può, allora, mettere in dubbio che la sessualità sia una forza assolutamente maligna? E come fanno le persone a sopportare di vivere sotto lo stesso tetto con un preadolescente? La mia tesi è che ci riescano soltanto perché la loro vita è assolutamente vuota; tuttavia la mia vita è anch'essa vuota, e io non ci sono riuscito. Comunque sia, tutti mentono, e tutti mentono in maniera grottesca. Si divorzia ma si resta buoni amici. Si ospita il figlio un weekend su due; è una stronzata. E' una stronzata bella e buona. In realtà i maschi non si sono mai interessati ai propri figli, non hanno mai provato affetto per essi, e più in generale sono incapaci di provare affetto per chicchessia: per loro l'affetto è un sentimento completamente estraneo. Quello che non gli è estraneo è il desiderio, il desiderio sessuale allo stato bruto e la competizione fra maschi; un tempo, diventati adulti e nell'ambito del matrimonio, almeno riuscivano a provare una sorta di blanda riconoscenza nei confronti della loro compagna - purché gli avesse dato dei figli, purché si occupasse degnamente della casa, purché fosse brava come cuoca e come amante; allora essi provavano piacere nel coricarsi nel suo stesso letto. Magari non era quello che le donne avevano sognato, doveva esserci stato un malinteso, ma comunque si trattava di un sentimento che poteva essere molto intenso; e benché quegli uomini provassero un'eccitazione (comunque decrescente) nell'offrirsi di tanto in tanto un po' di fica extra, non potevano più, letteralmente, vivere senza la propria donna - e se per una ragione o l'altra la perdevano, cominciavano a bere e morivano nel giro di poco tempo, di solito di qualche mese. Per costoro, i figli erano la trasmissione di uno stato, di regole e di un patrimonio. E questo principalmente nell'ambito dell'aristocrazia, ma non solo: anche tra i commercianti, i contadini, gli artigiani, in pratica in tutte le classi sociali. Oggi tutto ciò non esiste più: io sono un impiegato, cosa dovrei trasmettere a mio figlio? Non ho nessun mestiere da insegnargli, neppure so cosa potrà fare da grande; e, comunque, per lui le regole che ho conosciuto io non saranno più valide, vivrà in un altro universo. Accettare l'ideologia del cambiamento continuo significa accettare che la vita di un uomo sia strettamente ridotta alla sua esistenza individuale, e che le generazioni passate e future non abbiano più alcuna importanza ai suoi occhi. E' così che viviamo: e oggi per un uomo avere un figlio non ha più alcun senso. La situazione delle donne è diversa, giacché non hanno mai smesso il bisogno di avere un essere da amare - il che non è, né mai è stato, il caso degli uomini. E' falso sostenere che anche gli uomini provino il bisogno di coccolare un bimbo, di giocarci. Puoi dirlo e ripeterlo per anni e anni, resterà sempre un falso. Basta pensare a cosa succede quando un uomo divorzia: distrutto l'ambito familiare, i suoi rapporti con i figli perdono di qualsiasi senso. Il figlio è la trappola che è scattata, è il nemico che sei costretto a continuare a frequentare, e che ti sopravviverà.

michel houllebecq
le particelle elementari

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