Il tempo arrivava ad onde, sequenze di immagini,
proiezioni di ricordi, la mente non doveva creare connessioni ma fluire libera
tra quelle immagini, ogni volta che si stabiliva una connessione emotiva le
immagini si trasformavano in uno stato d’animo, le immagini erano vive, piene di sensazioni, immagini
tattili, olfattive, sensuali – ogni volta che si stabiliva una connessione
bisognava concentrarsi sul respiro, quindi sul tempo, perché il respiro era il nostro tempo e controllare il
respiro significava controllare il tempo, respiri lenti e profondi, come onde,
sequenze di immagini lente, bisognava osservarsi con distacco, le emozioni
erano illusioni, le esperienze erano reali eppure il pensiero si attaccava a
quelle esperienze e le modificava, una volta che il pensiero entrava in contatto
con le esperienze le trasformava in una serie di giudizi, diventavamo
prigionieri di noi stessi, la libertà era passare da un’esperienza ad un’altra
senza pensare, semplicemente, fluendo.
Immagini sovraimpresse, emozioni che si confondono,
flasback in un montaggio frenetico, cambiamenti rapidi dell’umore, ripetevamo
gli stessi errori fino a quando gli sbagli diventavano tutto quello che
avevamo. Loop di immagini nella mente, tagli sulla timeline, immagini mancanti.
La mente rigirava le scene, ricuciva gli strappi, creava nuove immagini al
posto di quelle perdute.
Il tempo si ferma, un respiro senza fine,
ricolleghiamo due punti nello spazio, nemmeno un secondo è passato, a dividerci
rimane solo l’eternità.
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