mercoledì 2 settembre 2015

senza titolo


Oltre i confini della città, le montagne dai profili azzurri, sotto un cielo dello stesso colore, in un continuo contatto e scambio di forme, le nuvole che si avvicinano, nere e pesanti – i quartieri, la terrazza dove mi trovavo, in piedi, nudo, l’energia rossa che pulsava, il vento si è alzato, ha fatto sentire la sua voce, il vento parlava la stessa lingua della pioggia, la annunciava, ne portava l’odore addosso, i primi tuoni, l’aria si riempiva di attesa, l’energia azzurra vibrava intorno al mio corpo, lo caricava, energia azzurra e energia rossa, le luci improvvise dei fulmini, l’elettricità danzante, i serpenti di fosforo cadevano verso la terra, bagliori intensi e brevi, piaceri sconosciuti, la pioggia iniziò ad arrivare, poche gocce, oblique, sul petto, sul volto, altri tuoni, altri fulmini, l’energia si trasformava, cresceva, pulsava nella carne, il ritmo primitivo delle gocce che battevano sulle lamiere di metallo, sempre più forte, i primi chicchi di grandine, ritmi cupi e ossessivi, sul petto, sul corpo, sul cazzo, erezioni da rettile, i fulmini precipitavano, il cazzo tirava verso l’alto, il cielo, le nuvole, verso la stessa sconfinata creazione.

Paura, come alle origini del mondo, le divinità dimostravano la loro potenza, nudo, bagnato, energia viola e pulsante nella punta del cazzo, le montagne in lontananza come visioni d’asceta, la carne doleva, gli uccelli seguivano misteriose correnti d’aria, gli uccelli erano apparsi di nuovo, la pioggia era finita, l’aria era fresca e carica di odori, seguivo con lo sguardo le piume brillanti, le traiettorie del volo, il sole tagliava il grigio e il nero, squarci di luce, ferite di splendore, guardai il cielo aprirsi, venni in lampi elettrici ed esplosioni di energia azzurra, tuoni mentali risuonavano veloci, dalla punta del cazzo gocciolava una rugiada di un bianco sporco, iniziò a piovere, un’altra volta – antichi rituali, le piume degli uccelli, le maschere intagliate nel legno, i tatuaggi, le sostanze, i canti, i tamburi e i ritmi, le visioni, le parole nella mente, la forma di quelle parole, i mantra ripetuti – caricare/scaricare l’energia, il mondo parlava lingue dimenticate, comunicazioni misteriose e arcaiche, le ascoltavo, le lasciavo entrare, creavano immagini, nuove connessioni – adesso c’è silenzio nella stanza e un leggero rumore di pioggia, fuori. La realtà è liquida, sfuggente, femminea. Le foglie degli alberi si muovono, che cosa esse dicano rimane solamente poesia.  

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