venerdì 4 marzo 2022

Orgiva #73

Non sapevo che cosa facesse la gente che si trovava in questo luogo, come non sapevo che cosa ci facessi io, mi limitavo a osservare quello che avevo intorno e la vita in sé stessa, nel suo fluire, senza troppe distrazioni, quando era possibile. Avevo passato un anno in un’appartamento, intrecciando il mio dolore e la mia gioia con quelli di Sara e come sempre si era finito per creare quel groviglio di emozioni dal quale era poi difficile liberarsi, fiorivano rose e crescevano spine, poi lei era andata ad abitare da un’altra parte e anche io volevo andarmene via da lì. Dove? A fare che cosa? Ripeteva una voce nella mia testa e non c’erano risposte ma solo i frammenti di un romanzo incompiuto che lo scrittore continuava a trascrivere su un quaderno. Mi sembrava che i problemi scomparissero ogni volta che mi concentravo sul momento presente, era come un respiro che diventava sempre più ampio e profondo e si espandeva e allargava in uno spiraglio di eternità e così non c’erano più appigli alle illusioni che ci avevano insegnato, non c’erano più parvenze o pallidi riflessi di legami familiari, lavori, aspettative, progetti, incomprensioni, litigi, supposizioni - Me ne andavo in piscina, a leggere e a smarrirmi nelle visioni della luce e delle rifrazioni dell’acqua, tutto era liquido e in movimento, bevevo qualche birra, scrivevo durante la mattina, c’erano volti assenti intorno a me e altri che si ripetevano senza che me ne accorgessi, non c’era pace negli occhi di alcuni, non sapevo come fossero i miei, erano settimane che non mi guardavo in uno specchio. Mi sentivo appagato, a volte, per nessun motivo in particolare e gli antichi maestri dicevano che questa felicità era autentica perché non dipendeva da nulla. Mi piaceva oziare, aspettare, non fare niente di tutto ciò che agli altri pareva così interessante, ero lento, seguivo il mio ritmo e solo così mi sembrava di non perdere tempo appresso alla frenesia altrui. Le radici del presente avrebbero potuto germogliare in splendidi fiori se solo avessimo capito come non reciderli con la nostra ansia di pensare al domani. Amavo la mia libertà, quella di essere solo, il mio distacco, c’erano centinaia di possibilità per fuggire di nuovo, per vagare senza meta in una moltitudine di fallimenti senza nome, una città mi aspettava ancora, chi sarei stato fra le sue strade, in un futuro che non era mai esistito?



Nessun commento:

Posta un commento

freewheelin' #82

  Le notti diventavano più brevi e il sonno si popolava di sogni e fra le loro storie c’eri anche tu, il tuo volto e il tuo corpo ma non i t...