lunedì 15 febbraio 2016

La sposa di Shiva (2011)

A volte non rimaneva niente, neanche per me e mi trovavo svuotato. E guardavo di nuovo le stelle, sperando nel silenzio e nella solitudine. I volti che mi guardavano erano così tanti e non sempre era una sensazione piacevole, non sempre avevo voglia di stare davanti a loro e regalargli quello che avevo dentro, c’erano giorni un cui avrei preferito starmene sdraiato da qualche parte, con un libro in mano oppure ad ascoltare musica e fumare erba.

Camminavo in un giardino ed era buono l’odore della mattina e la calma della rugiada sulle foglie, respiravo e camminavo e guardavo le piante che crescevano, giorno dopo giorno, era quanto di più vicino a un miracolo conoscessi e invece era il semplice svolgersi della vita. Stavo crescendo anche io e l’idea della maturità e della successiva vecchiaia non mi spaventavano. Il mio cuore e la mia anima possedevano una lentezza che il mondo esterno tentava in ogni modo di attaccare. Dovevo alzare sempre più spesso le mie difese, contro la stupidità, l’arroganza, la presenza delle altre persone. Più ero perfettamente chiuso in me stesso, consapevole, più le cose intorno mi apparivano nitide e nella giusta prospettiva. Per lo meno avevo imparato quello che era importante e quello che non lo era. Avevo imparato il valore del tempo e per questo non volevo più sprecarlo.

La nostra natura richiedeva che a un certo punto della vita ci riproducessimo, pensavo molto a questa cosa. Perché ero attratto dalle donne? Quanto era solo istinto sessuale e quanto era amore? Le due cose non ero mai riuscite a farle coincidere. Sapevo che per amare una donna mi bastava guardarla negli occhi, senza neanche toccarla. Poi potevano venire le carezze, gli abbracci, i baci leggeri sulle labbra. Quella poteva essere una manifestazione fisica dell’amore. Ma il sesso non nasceva mai da questa spinta. Era qualcosa di meno spirituale. Veniva direttamente dai miei coglioni.

Quando l’energia sessuale diventava troppa, Shiva si inchinava davanti alla moglie e la adorava. E lei gli permetteva di masturbarsi e di venire sui suoi piedi. In questo modo il dio ritrovava il suo equilibrio e poteva continuare a meditare.

A volte mi sembrava che sborrare fosse solamente un bisogno fisiologico, l’energia che avevo dentro doveva uscire fuori, se rimaneva troppo al mio interno era come un veleno. I sensi diventavano più acuti, il corpo più sensibile, la mente iniziava a vedere le donne come corpi dotati di orifizi da riempire con il proprio sperma. Mi domandavo anche perché dovessimo lasciare il nostro sperma dentro di loro. Potevamo masturbarci e venire su una moltitudine di oggetti o in centinaia di situazioni diverse. E invece era il modo in cui la natura aveva programmato la nostra specie affinché non si estinguesse. Ma perché portare avanti questa follia? Non vedevo molte cose buone intorno a me e sapevo che qualsiasi figlio avessi avuto un giorno sarebbe andato in pasto alle belve che si aggiravano per le strade. Non era vigliaccheria, la mia, era consapevolezza. Se avessi trovato un mondo diverso, una società più umana, dare la vita insieme ad una donna ad un altro essere sarebbe stata un’esperienza meravigliosa.

Stavo seduto e aspettavo.

Il dolore alcune volte tornava, con i ricordi e le immagini che la mente montava una dietro l’altra, collegate a ondate di malinconia che si espandevano nel cuore, avevo imparato a volarci sopra, a non affogare, a non sprofondare nell’abisso, ma quei viaggi erano inutili.

Poi ancora silenzio e gli occhi di una donna innamorata che si stringeva al mio corpo.


Non avevo più paura di guardare quegli occhi e riconoscere l’amore e ricambiarlo. Conoscevo l’amore di una donna. Continuavo a cercarlo e a ringraziare le divinità quando lo trovavo. La notte che passava, mentre la stringevo più forte, era un luogo dove le ombre non erano più fantasmi ma disegni scuri su muri di sale, sarebbe arrivata l’alba e noi ci saremmo svegliati, la sabbia rosea e le parole delicate del mare e guardandoci negli occhi avremmo capito che bastava prendersi per mano per ritrovare se stessi.

Nessun commento:

Posta un commento

freewheelin' #82

  Le notti diventavano più brevi e il sonno si popolava di sogni e fra le loro storie c’eri anche tu, il tuo volto e il tuo corpo ma non i t...