mercoledì 17 febbraio 2016

le alte torri #32




Sulla terrazza di un palazzo, guardando verso la stazione. Treni in partenza e in arrivo, le bianche torri, i canti degli imam, le bandiere verdi oltre gli edifici arancioni e le cupole di religioni dimenticate. La notte si arrampicava dietro di me, con movenze sinuose, ad ammantare con il suo mistero i palazzi e le strade, una notte di velluto e guanti neri, le dita delle ombre che si allungavano fino a sfiorati e davanti, dalla parte della stazione, gli ultimi resti di luce, ad esplodere in colori tossici tra le scie delle nuvole. Il barbiere aveva attraversato la strada, sua figlia giocava ancora dentro il negozio, un ubriaco scortato da alcune guardie verso una macchina, i dettagli, le superfici troppo brillanti, cromate di bianco, ancora un passaggio, le ombre che filtravano da una persiana come onde sul soffitto, una ragazza vomitava nel bagno, ero uscito nel giardino, la luce del sole era sublime, era tutto rallentato, il mio corpo, i gesti, mi sentivo pesante, attratto dalla gravità verso la terra, ho dovuto stendermi, sulla schiena e le onde hanno iniziato ad arrivare, nella mia mente, in movimenti dorati, le mani di mia madre sulla mia testa, mentre mi tagliava i capelli - sulla terrazza, intorno a me, nel cielo, la notte si era impossessata di tutto, era colata nelle strade e nei cuori delle persone, ci si incamminava verso la stazione, perché era il momento migliore per comprare le sostanze, le donne iniziavano a truccarsi, c’erano carrozze per strada e uomini con alti cappelli, i treni in partenza e i treni in arrivo, i fischi dei macchinisti, si alzavano coni di vapore nel buio, una donna correva lungo i binari inseguendo amori invisibili, un uomo arabo mi si avvicinò in un angolo, uno sguardo di intesa e una scintilla negli occhi, l’ho seguito, nei cessi della stazione, una siringa e la polvere nera - voci si disperdono tra mattonelle sporche e odore di urina, la macabra danza della vecchiaia, nello scompartimento di un treno, occhi leggermente socchiusi, la quieta morte del ragno, sospeso nei riflessi delle stelle sui vagoni, in un tunnel o dentro di me, non era importante, la marea saliva dalla punta dei piedi alla testa, ho guardato fuori, sterminate distese di pece. 

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