mercoledì 24 febbraio 2016

Santiago #12

Incontrai Teresa in un sogno, il giorno prima che tornasse da una vacanza, non l’avevo mai vista di persona. Avevo dormito insieme a Maria, in un letto stretto, eravamo nella casa dei suoi genitori, fuori Linares, un luogo solitario, vicino ad una scuola. Ci si arrivava con una stradina sterrata, ai suoi bordi crescevano alti alberi dalle chiome ondeggianti nel cielo d’estate. Quando mi svegliai sentii subito la voce di Catalina, stava entrando in bagno. Poi anche le altre voci, si seguivano, mischiavano, sovrapponevano, riempivano gli angoli della mia mente in maniera ipnotica. La casa era piena di oggetti antichi, quadri, tavoli, armadi, divani, tutte cose che appartenevano ad un’altra epoca, di cui mantenevano gli odori e il fascino. Il tavolo dove avevamo mangiato la sera prima era ancora pieno di bottiglie e bicchieri, album di fotografie, avanzi di cibo, la luce filtrava dalle finestre, obliqua, a toccare il pavimento, già faceva caldo e Maria stava preparando la colazione, pane, palta, caffè, formaggio fresco, tè e frutta.

Ci dirigemmo a casa di uno zio di Maria, Giancarlo guidava e parlava, la sua voce era accogliente, solo che non riuscivo a seguire il flusso delle parole, ogni tanto avevo bisogno di momenti di pausa, di silenzio, per connettermi con quello che avevo intorno, il paesaggio che si muoveva fuori dal finestrino della macchina, la terra, i cespugli, gli arbusti, le montagne in lontananza.

La casa di Franco era molto grande, in uno stato di leggero abbandono e per questo ancora più bella, c’erano le tracce di un tempo passato, di altre vite, dei ricordi, della polvere che si posa su quello che resta quando le persone amate iniziano a svanire, abbiamo mangiato nel grande giardino, sotto i filari dell’uva, Giancarlo preparava un agnello e pensava alla carne alla brace, io bevevo birra, per iniziare, mi guardavo intorno, mi sentivo bene, il calore del sole e dell’aria, gli altri parlavano e li ascoltavo, alcune parole mi sfuggivano ma il senso dei discorsi mi era sempre chiaro.

Facemmo un bagno in piscina. Ero abbastanza ubriaco.

C’erano odori e sensazioni, la mia pelle bagnata che si asciugava, era un momento meraviglioso, sentire l’acqua che evaporava, la pelle che perdeva quella sensazione di freddo per diventare di nuovo calda. Qualcuno mi offrì un altro cocktail a base di pisco, lo bevvi senza pensarci.

Nel viaggio di ritorno mi addormentai, arrivammo alla casa dei genitori di Maria che era notte. Le cime degli alberi si muovevano nell’aria scura, sfiorando le stelle. Rimasi pochi minuti in giardino, da solo, a guardarle.

Quelle voci luminose continuavano a chiamarmi.






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