Mi
svegliavo con il rumore della pioggia e una volta aperti gli occhi non
riconoscevo mai il luogo in cui mi ritrovavo. Una roulotte, c’erano dei vestiti
sul tappeto orientale che ricopriva il pavimento di legno e faceva freddo, mi
sono avvolto nella coperta e mi sono alzato, ho aperto la porta, fuori c’era un
mondo nascosto dalla nebbia, bagnato e grigio, le sagome degli alberi, quelle
di una casa, mi sono vestito e sono uscito.
Dentro
le stanze non c’era nessuno, solo polvere ed echi silenziosi, le ragnatele, dei
barattoli su un tavolo, ne ho aperto uno, ne ho mangiato il contenuto, non
sentivo alcun sapore, ho girato per le altre camere, ho guardato fotografie
sbiadite, ho accarezzato abiti dimenticati, mi sono seduto e rimesso in piedi.
C’era
una strada e ho iniziato a camminarci, a seguirla e gli alberi si nascondevano
e così il cielo, la pioggia era sottile e la sentivo sulla faccia, avevo una
giacca impermeabile e un maglione e scarponi e camminavo e il mio cuore era
vuoto, ogni tanto c’erano ancora immagini nella mente ma diventavano giorno
dopo giorno più sbiadite, svanivano i contorni dei volti e quelli dei sorrisi,
c’era stata una vita, in un altro tempo e in un altro luogo, che era
appartenuta a un uomo con le mie stesse sembianze ma quell’uomo non ero più io,
non sapevo dove fosse ora, sicuramente non era qui, volevo solo che anche quegli ultimi bagliori
svanissero, le tue poche parole quando ci siamo detti addio, era una mattina
triste e svogliata, a Swansea, trascinavo ancora le mie valigie prima che le
perdessi da qualche parte, poi c’erano state notti e giorni di cui avevo
distrutto la memoria e tutte le direzioni che avevo deciso di non seguire mai più,
un bastone stretto in pugno, un passo dopo l’altro.
Un
passo
dopo
l’altro.
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