venerdì 2 settembre 2016

London #2



Mi sono fermato nel mezzo di Tower Bridge, di notte, pioveva e avevo una bottiglia di vino rosso da bere e guardavo i palazzi e le torri di vetro e metallo con le loro luci e i punti rossi nel buio e una foschia purpurea che ricopriva il cielo e nascondeva, a tratti, la punta di una piramide incompiuta. Quali nuove divinità avevamo scelto di adorare? Quali nuovi misteri ci attendevano nelle stanze sospese nel vuoto? Quali antichi rituali sarebbero stati ripetuti sui tappeti cremisi e le poltrone nere? Le cucine asettiche e bianche in cui avevo visto uomini cibarsi di altri uomini, perché a distanza di millenni nulla era cambiato, gli schiavi e i padroni e gli abissi di libertà che nessuno riusciva a colmare con la propria vita e ancora vagabondavo lungo le strade, nei parchi, mi sdraiavo su qualche panchina per riposare, mi addormentavo, gli ultimi istanti di coscienza accompagnavano l’inizio di luminose visioni, i respiri che avrei voluto fossero gli ultimi perché ogni successiva boccata d’aria richiedeva un coraggio che non sapevo se avessi posseduto e poi ero seduto in un treno e vedevo parti della città per la prima volta e ancora quelle architetture che trascendevano il presente in miraggi di un futuro apocalittico, niente mi sembrava reale, perché appariva come un miraggio indotto da qualche sostanza capace di alterare le mie percezioni, i flussi di pensieri ancora scorrevano nella mente e mi disturbavano, irreali e illusori, distraendomi dal momento presente, erano gli stessi pensieri di sempre, ero così stanco di loro eppure continuavo a dargli importanza, a renderli reali nel mio trascinarmi lungo vie di pura immaginazione e ancora i bisogni del corpo, incontrollati, famelici, i coglioni che pulsavano e non c’erano più dolci fantasie sessuali a liberarli mentre mi masturbavo in un cesso solo per togliermi dalle palle questo peso, gli orgasmi non avevano più effetto, li potevo paragonare a una pisciata o a una cacata, solo che dopo ero più fiacco, era una cosa atroce e poi la sarebbe stata ancora di più, quando sarei veramente invecchiato e il desiderio sarebbe rimasto, meglio levarselo subito di dosso, meglio tagliare con tutti, rimanere silenzioso nella contemplazione della notte, dei movimenti dell’acqua sulla superficie di un fiume che ridisegna la metropoli secondo il suo scorrere, ero stremato e dovevo ricominciare tutto da capo, avrei imparato una volta per tutte a lasciare ogni cosa dove l’avevo trovata? Avrei smesso di tenere le emozioni nel mio cuore? Sarei stato capace di baciarti solo per non vederti mai più?  

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