martedì 27 settembre 2016

Cymru #6

Mi svegliavo con il rumore della pioggia e una volta aperti gli occhi non riconoscevo mai il luogo in cui mi ritrovavo. Una roulotte, c’erano dei vestiti sul tappeto orientale che ricopriva il pavimento di legno e faceva freddo, mi sono avvolto nella coperta e mi sono alzato, ho aperto la porta, fuori c’era un mondo nascosto dalla nebbia, bagnato e grigio, le sagome degli alberi, quelle di una casa, mi sono vestito e sono uscito. Dentro le stanze non c’era nessuno, solo polvere ed echi silenziosi, le ragnatele, dei barattoli su un tavolo, ne ho aperto uno, ne ho mangiato il contenuto, non sentivo alcun sapore, ho girato per le altre camere, ho guardato fotografie sbiadite, ho accarezzato abiti dimenticati, mi sono seduto e rimesso in piedi.
C’era una strada e ho iniziato a camminarci, a seguirla e gli alberi si nascondevano e così il cielo, la pioggia era sottile e la sentivo sulla faccia, avevo una giacca impermeabile e un maglione e scarponi e camminavo e il mio cuore era vuoto, ogni tanto c’erano ancora immagini nella mente ma diventavano giorno dopo giorno più sbiadite, svanivano i contorni dei volti e quelli dei sorrisi, c’era stata una vita, in un altro tempo e in un altro luogo, che era appartenuta a un uomo con le mie stesse sembianze ma quell’uomo non ero più io, non sapevo dove fosse ora, sicuramente non era qui,  volevo solo che anche quegli ultimi bagliori svanissero, le tue poche parole quando ci siamo detti addio, era una mattina triste e svogliata, a Swansea, trascinavo ancora le mie valigie prima che le perdessi da qualche parte, poi c’erano state notti e giorni di cui avevo distrutto la memoria e tronchi dalle forme magiche e tutte le direzioni che avevo deciso di non seguire più, un bastone stretto in pugno, un passo dopo l’altro.
Un passo
dopo

l’altro.

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