domenica 13 marzo 2016

dream #18

Io e Lynn camminiamo per le strade di una città, ogni tanto la abbraccio, piano, la bacio sul collo, dolcemente, sento il suo corpo vicino al mio – La Chevrolet rossa è parcheggiata accanto ad un cancello, c’è una multa sul parabrezza, sotto il tergicristallo, la prendo e la leggo - Decido di spostare la macchina, sono ancora insieme a Lynn, saliamo sulla Chevrolet e partiamo, passiamo per una lunga strada alberata, decido di parcheggiare di nuovo e trovo un posto di fianco ad un muro, ci sono delle strisce blu sull’asfalto, scendiamo, lei prende qualcosa dalla macchina – Lynn è con le spalle contro un muro, la sto baciando e le stringo il culo con le mani, la desidero – La notte che mi aveva chiesto di rimanere a dormire con lei, in una grande casa vuota, per il timore di rimanerci da sola, ci eravamo stesi sul letto, vestiti e dopo non so quanto tempo mi sono alzato, perché il pensiero di svegliarmi con il cazzo duro, la mattina dopo, accanto a lei e di non poterci scopare era una sofferenza che volevo risparmiarmi e avevamo passato le ore precedenti seduti su un divano, tenendoci per mano, giocando con le dita, ascoltando Animals dei Pink Floyd, bevendo birra, parlando e rimanendo in silenzio, una serata magica - Siamo in un locale, è notte, ci sono delle luci colorate, delle insegne, dei televisori accesi, saliamo su una scala a pioli, verticale, arriviamo ad una specie di piano rialzato, con un letto sopra, non riesco a vedere il soffitto del locale, si perde nel buio, le lampade diffondono tonalità di colore soffuso, Lynn mi dice di guardare un video su uno dei televisori, le sorrido e osservo le immagini – Sono seduto con Djene in una grande sala, con tavolini e panchine, pareti di marmo e specchi, mangiamo un gelato, lei mi racconta della vita di Alpha Blondie, dell’origine del suo nome, la ascolto attentamente, interessato, poi sbaglia una parola in italiano e ci mettiamo a ridere, ci prendiamo per mano, per pochi attimi, le nostre dita che si intrecciano – Sono insieme a lei mentre aspettiamo un autobus, il cielo è blu scuro, con disegni di nuvole gonfie di pioggia, non vuole prendere la metro perché ci sono i controllori e lei non ha il biglietto, è freddo, rimaniamo in silenzio e attendiamo – Francesca mi racconta qualcosa, mentre siamo seduti su un marciapiede, davanti ad una edicola, le dico che non riesce a vedere dentro di me, che si ferma solo alla superficie, a quello che appare all’esterno, le dico che per me è diverso, per me è così semplice vedere dentro agli altri, i loro mondi interiori,  poi rimaniamo a parlare in una strada ormai vuota.

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